AUTORE: GIORGIO PICA

TITOLO: Rosamarina

ANNO: 2018

TECNICA: Fotografia

 

 

Dalla prefazione di Enzo Varricchio al volume “Rosamarina” , edizioni G. Laterza, Bari, 2019, di Giorgio Pica

“A Rosa Marina il tempo non scorre come in città e un minuto è fatto di sessanta intensi secondi. Rosa Marina è l’Estate, è il paese dell’eterna giovinezza”.

(Storia di Rosamarina, di M. Pagone – I. Piliego, 2015)

 

 Rosa Marina, iconografia di un mito.

Un mito moderno, piccolo o grande che sia, si consegna ai posteri con le immagini.

 “La storia dell’umanità è sempre storia di fantasmi e di immagini, perché è nell’immaginazione che ha luogo la frattura fra l’individuale e l’impersonale, il molteplice e l’unico, il sensibile e l’intellegibile e, insieme, il compito della sua dialettica ricomposizione. Le immagini sono il resto, la traccia di quanto gli uomini che ci hanno preceduto hanno sperato e desiderato, temuto e rimosso. E poiché è nell’immaginazione che qualcosa come una storia è diventata possibile, è attraverso l’immaginazione che essa deve ogni volta nuovamente decidersi” (Giorgio Agamben, Ninfe, 2007)

L’ultima fatica fotografica di Giorgio Pica dedicata a Rosa Marina di Ostuni assolve a questa funzione dialettica: contrapporre un’antitesi immaginifica alle diverse interpretazioni di un luogo che da quasi sessant’anni è una piccola città turistica ripopolata d’estate dai più o meno soliti proprietari delle ville, nonché espressione di una subspecie di cultura autoctona, piuttosto che un villaggio turistico/non luogo che ogni settimana cambia villeggianti occasionali che non ritorneranno.

Perciò, il lavoro di PICA non è rappresentativo in senso materiale della vita di questo borgo marittimo – nulla racconta di personaggi ed eventi -, bensì concettuale poiché esalta, senza dichiararlo, il ruolo simbolico di Rosa Marina, già di per sé insito nel nome di un fiore tanto evocativo quanto inesistente in natura.

Rosa Marina è ormai mitica, un po’ come la Fregene cinematografica o la Rimini felliniana, per essere uno dei pochi, forse l’unico, villaggio vacanze al mondo a essere stato scelto come teatro di un romanzo, e poi quale oggetto di una “storia”, nel senso di una ricostruzione scritta e documentata delle sue vicende dalle origini, nei primi anni Sessanta del secolo scorso, sino ai giorni nostri.

Nel 2011 ambientavo a Rosa Marina il mio thriller Quell’estate prima della fine del mondo, edito dallo stesso Giuseppe Laterza che pubblica questo volume, un romanzo così fortunato da essere recensito persino dal The Wall Street Journal. Al giornalista americano che mi chiedeva se Rosadimare fosse un luogo reale, risposi:  It’s a kind of magic, real and fantastic, both. E’ un luogo magico, un po’ reale un po’ fantastico.

Nel 2015 usciva Storia di Rosa Marina, il racconto dettagliato dei cambiamenti del villaggio nel corso del tempo ma soprattutto delle gesta del suo lungimirante fondatore, l’ebreo austro-canadese Max Schachter, anch’egli già avvolto da un alone di leggenda, scritto dai due progettisti che lo affiancarono nell’opera.

  La fortuna di Rosa Marina è quella di essere un Eldorado a portata di mano, un piccolo eden vacanziero, uno storico status symbol incastonato nello spettacolo della Valle d’Itria. Ciononostante, a parte qualche depliant turistico, nessuna pubblicazione aveva sinora immortalato iconograficamente il contesto ambientale e umano che rende un posto così speciale, pur essendo appunta una sorta di “luogo comune”.

Solo un esperto maestro come PICA, poeta visivo, pittore e intellettuale dotto e raffinatissimo, sarebbe potuto riuscire nell’impresa di offrire nuova luce e nuovo sguardo a colori, emozioni, ricordi e stati d’animo che questo gioiello pugliese regala ai suoi privilegiati frequentatori stagionali.

 

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