di Carlotta Gravina

 

Il Coronavirus è stata una vera e propria onda anomala dopo anni di impliciti avvertimenti, travestiti da intense scosse, da parte del nostro pianeta.

Errori, bramosia, inosservanza, cinismo, informazione passiva da parte dell’uomo. Cambiamenti troppo lenti e tardivi.

Abbiamo assistito impotenti alla perdita del 15% del meraviglioso polmone verde del mondo e ora sono i nostri stessi polmoni a lottare contro un nemico invisibile e subdolo.

Quando questo dramma è cominciato in Cina lo giudicavamo così lontano e ci sentivamo innegabilmente protetti e privilegiati.

Esonerati, come quando si guardano immagini e leggono notizie relative alla guerra, così crudele ma così distante.

Distante come il luogo dove le donne sono prive di diritti e dignità, dove manca l’acqua potabile, dove i bambini vengono sfruttati per fabbricare le batterie dei nostri dispositivi elettronici, dove gli animali muoiono di fame perché non possiedono più un habitat.

Negli ultimi tempi, quel senso di colpa per non aver agito concordemente affinché potessero migliorare situazioni inaccettabili, iniziava timidamente a farsi sentire.

Ci stavamo gradualmente sensibilizzando ma non ne abbiamo avuto il tempo.

L’arrivo della pandemia è stato traumatico e ha messo in stand-by le nostre esistenze, il virus è divenuto aggressivo protagonista portando con sé paura e terrore.

Eppure, man mano che passano i giorni, si fanno nuove scoperte, esattamente come quando si scava nella sabbia e si trova qualcosa di nuovo, oggetti, conchiglie e alla fine arriva l’acqua.

Nietzsche dice che attraverso il dolore si riesce ad arrivare in profondità. Egli afferma che quando si esce da una sofferenza non si è migliori bensì consapevoli della verità.

Senza saperlo, intimamente, stiamo scusandoci con il mondo, stiamo scrutando la realtà con più coraggio e senza nasconderci, stiamo guardandoci dentro, gioendo perché gli animali tornano ad uscire dalle loro tane, perché l’aria è più pulita, l’acqua meno torbida.

Stiamo coltivando di più le nostre amicizie, proteggendo i nostri affetti, comprendendo che non esiste un luogo di riserva dove abitare, che ciò che è pubblico è ugualmente importante.

Eppure man mano che passano i giorni, di questa tragedia, stiamo riuscendo a coglierne la bellezza collaterale e ad accendere luci nel buio.

Riflettiamo su fatto che quello che ci sembrava positivo era probabilmente falso e difettoso.

Vogliamo ritornare alle “nostre vite” ma è certo che, a causa o grazie a questa circostanza, ci torneremo diversi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abilita le notifiche per non perderti nessun articolo! Abilita Non abilitare