CARMINA VIRI

di Fulcanelli ©

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Razzismo & polizze assicurative

 

Sono una giornalista che scrive poesie, forse una scrittrice. L’avessi scritto in tempo di pace, un breve racconto di questi strani giorni, si sarebbe pensato all’ennesima biografia di Fabrizio Corona, noto pregiudicato pluritatuato che spopolava fino a qualche tempo fa, che pare un’eternità.

Invece, ho cominciato a scriverlo ora che le prime notizie dalla Cina si fanno meno confuse e ho deciso  di non partire più a metà febbraio per il Vietnam con la mia fidanzata, di non partire più in assoluto.

Dalla vigilia di Natale, esattamente da un mese, i telegiornali mostrano un sacco di cinesi con le mascherine e abbiamo scoperto che esiste un posto chiamato Wuhan nella provincia dello Hubei dove è esploso un virus chiamato Corona, tanto pericoloso quanto ardimentoso, avendo compiuto il fatidico salto quantico per scavallare dall’animale all’uomo.

Scorrono scene di pessimo gusto con adolescenti cinesi che addentano pipistrelli ben cotti e fumanti.

I nipoti di Mao hanno assunto misure definite draconiane – in nome dello spietato politico ateniese del VII secolo avanti Cristo, che con loro non c’entra un beneamato niente – di contenimento dell’epidemia che minaccia di raggiungere altri paesi. Dalla zona rossa non si esce e non si entra, chi sgarra se la vede con i militari e la legge marziale.

Il Vietnam confina con la Cina e moltissimi cinesi ci sono andati per il Tet, il Capodanno vietnamita.

Vado a rivedere la polizza assicurativa stipulata a novembre per chiedere il rimborso del viaggio e le mie fosche pupille sfiorano la  clausola che esclude alcun indennizzo per epidemie di influenza aviaria, SARS-CoVs, 2019-nCoV, di influenza A-H1N1, e qualsiasi pandemia o epidemia riconosciuta da organizzazioni sanitarie nazionali o internazionali…

Te pareva, sti’ stronzi. Evidentemente si sa che in Vietnam le epidemie sono di casa, viste le precarie condizioni igieniche del paese.

Boh, vabbè, faccio prima se m’invento una patologia acuta e oggettivamente impeditiva di ogni spostamento.

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Sono dal mio medico che mi firma l’alibi per la rinuncia al viaggio senza fare troppe storie, siamo italiani, anzi meridionali, ci diamo una mano e le assicurazioni poi sono multinazionali, nemico giurato dell’uomo.

Nessuno entra nei negozi cinesi prima così affollati, idem per i ristoranti su cui piovono le disdette. Al lavoro circolano barzellette sul virus che vedono protagoniste ninfette dagli occhi a mandorla che nelle sale massaggi infettano ignari clienti che la passano a ignare mogli.

Sotto sotto siamo tutti razzisti e una bella epidemia è l’occasione d’oro per rivelarlo, senza scrupoli di coscienza né pubbliche riprovazioni esce il peggio di noi, come quando si gioca a carte o si va allo stadio. Ma i cinesi sono un miliardo e quattrocento milioni di persone, quindi dovremmo stare attenti a più di un quinto della popolazione mondiale. Le nostre città straripano di cinesi e molti altri di loro stanno raggiungendo i loro amici e parenti nel mondo, in fuga dal virus. I nostri che fanno? Hanno istituito il controllo della temperatura agli aereoporti… Ergo, dobbiamo sperare che Xi Jinping li tenga a casa loro.

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Nella prima metà del mese di febbraio l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), ente che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.), ha assegnato al nuovo coronavirus il nome definitivo: “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2). A indicare il nuovo nome sono stati un gruppo di esperti appositamente incaricati di studiare il nuovo ceppo di coronavirus. Secondo questo pool di scienziati il nuovo coronavirus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2.

Il nuovo nome del virus (SARS-Cov-2) sostituisce quello precedente (2019-nCoV).

2019-nCov. Mentre leggo la notizia, questa sequenza alfanumerica risveglia un bit mnestico nella mia mente. Com’è possibile? Il corona virus era il 2019-nCoV della polizza assicurativa del viaggio in Vietnam? Come cazzo facevano a fine novembre a sapere che c’era un virus annunciato la prima volta il 24 dicembre? Per scriverlo sulla polizza dovevano saperlo da un bel po’.

 

Il terzo racconto

https://www.scriptamoment.it/2020/03/16/carmina-viri-s1-e3-il-paziente-zero/

 

PIC: Dolce & Gabbana, spot cinese sulla pizza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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