CARMINA VIRI

di Fulcanelli ©

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Morire soli

 

Un’anziana signora in una tenda della protezione civile, oggetto morboso delle telecamere di uno dei tanti TG.
Sopra una brandina, coperta sino al bacino, con la maschera che le nasconde naso e mento.
I capelli scompigliati, solo gli occhi scoperti, lo sguardo perso nel vuoto, bersaglio incolpevole un destino nefasto.
Altri anziani: chi steso, chi con il braccio alzato chiede aiuto, chi ha già mollato ma nessuno se n’è accorto.
Il personale sanitario si muove forsennatamente da destra a sinistra, come palline da tennis senza partita.
Nessun parente, nessuna consolazione, nessuna parola d’amore.Gli ultimi incoraggiamenti pronunciati da un essere irriconoscibile, bardato in tuta, maschera e guanti.

Lo sguardo ed il respiro che si spengono, sedati chimicamente dalla pietà di altri uomini spaventati.

E a un certo punto, quando il destino prenderà una decisione, quella più drastica, il momento più terribile.

“Sarò già in purgatorio, all’inferno o in un incomprensibile paradiso?”.

Essere soli davanti alla morte è la prova più terribile che si possa sopportare.

Spengo il televisore ma non riesco a dormire.
Penso a quella donna rassegnata a spegnersi senza speranza, senza un abbraccio, una parola di un proprio caro o di un amico. Ansia senza fine.

Quella vecchietta sola è mia nonna, sono io, siamo tutti noi esseri umani.

Ecco l’immagine che porterò marchiata a fuoco nella mia anima: una donna smarrita, silente, come un oggetto privato di funzione.
Vorrei abbracciare quell’oggetto scarnito, quel cuore martoriato.
Prego un dio sconosciuto e lontano.

Spero di rivederla, viva.

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