di Dunia Elfarouk

 Il Buora (nome d’arte), al primo sguardo, manifesta quella profondità mista ad ironia acutissima e tagliente rivolta ai punti nevralgici del pensiero, che ti riportano, in linea diretta, almeno nel mio personale mondo di evocazioni e rimandi, alle stratificazioni intellettuali di un Woody Allen alle prime geniali pre-visioni, fuor da ogni canone, quindi, fuor da ogni già codificata nevrosi.
Inventa sue peculiari ossessioni oniriche e feroci, a volte, per chi non sa sorridere dei propri piccoli grandi mali legati al perdersi nel nulla quotidiano. E se è più semplice trovare dei tratti alleniani, fenomeno non così diffuso esso stesso, per il vero, in un animo letterario, figuriamoci la sorpresa nel rintracciare una simile sofisticazione di pensiero e di ispirazione in un artista figurativo che, altra sorpresa che si aggiunge alle innumerevoli sorprese che del Buora collezionerete, “soltanto” artista figurativo davvero non è.
Sia chiaro, vi sto parlando di un post atomico ipotetico Buora-Woody senza le fissazioni di quest’ultimo per l’inconscio e Groucho Marx, ma con un amore profondo profondissimo per Lacan. E, sia chiaro anche questo, al netto del conteggio delle solitudini e delle pessimistiche derive Manhattaniane,

Il Buora non è caduto vittima nel suo intenso periodo recitativo e creativo newyorkese. Di tutte le pregresse esperienze egli realizza una (terza) parallela dimensione catartica monzese, dove vive crea e lavora. Nel suo mondo costruito su misura di ingegno e irriverenza.
Troverete picchi di poesia e tratti caricaturali nelle opere del Buora, in egual misura. Ed è lì che risiede il suo senso di armonia artistica. Nella provocazione sublime. Affilata come una mezzaluna. Formazioni di significati e deformazioni ironiche pungenti. Accostatevi e scostatevi per riaccostarvi alla sua pittura, al fine di riceverne il segno. Vostro. Personale.
Il Buora gioca con le forme con la stessa agilità funambolica con cui muove i suoi flussi autoanalitici: dagli spazi di buio semicosciente al fulgore cromatico consapevole dell’apparizione figurativa. Ciò avviene attraverso un’intermittenza velocissima. Inaspettata. Che è caratteristica peculiare del suo linguaggio. Estetico nel senso più ampio.

 

Fatevi raccontare una sua opera dalle sue stesse parole: ne trarrete ineguagliabile godimento, attenzione, però, perché, come avviene con tutti i piaceri forti, potreste assumerne dipendenza. Della doppia opera che il doppio linguaggio dell’autore offre.
Districa cubicoli di materia grigia e di colore, in una esplosiva istanza di espressione. Destruttura appiattisce riformula e riforma per poi conferire pluridimensionalità all’immaginazione. O meglio, a grafici, quasi tattili, fisici prolungamenti di idee che approdano a rivoluzione. I suoi movimenti pittorici ricordano a tratti nervi ottici, a tratti grovigli di viscere pensanti dotate, talvolta, non a caso, di una grande testa beffarda.
Qualsiasi siano le direzioni geoesistenziali del suo svolgere e riavvolgere matasse immaginarie e ipotetiche ovvero vere e proprie e non figurate appendici di ragionamento, risulta chiaro l’efficace scopo: spogliare le viscere dell’intuizione, renderle sentire cromatico e morfologia dell’intuito stesso. Dare a quest’ultimo liberazione e congedo definitivo rispetto al gravame dell’intellettualismo stoico asfittico inutilmente ostinato. Quello che l’arte la viviseziona per impoverirla.
Il Buora ha, in sintesi, la capacità di realizzare concetti che paiono trascendenti prospettive escatologiche con la velocità di un centometrista, ed, al contempo, ha la medesima abilitá nel comporne immagini quasi tangibili lungo pareti di solido colore. E nulla è più solido del colore , oggi. Nulla è più potente.
Poiché le opere del Buora sono, sì, apparentemente quiete, ad un occhio ingannabile dalla superficie delle cose. Per il vero, esse sanno scatenare in se stesse e in chi vi si accosta esplosioni di tridimensionale entità, fenomeni di decostruzione inevitabilmente capaci di condurre al sorger di una nuova classe di libero pensiero. Che è arte, filosofia, complessità nel comprendere il complesso. Sociale. E interiore.

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