di Canio Trione

Il dibattito sulla autonomia differenziata ha diviso il mondo politico in due: da un lato i fautori di un cambiamento e dall’altro i sostenitori della conservazione. È un po’ strano dirlo, ma i primi sono quelli di destra (anche se con alcune differenze di opinione) che sono ispirati dall’ambizione di mettere le mani su maggiori fette di gettito, mentre i secondi, le sinistre, sono evidentemente soddisfatti dell’attuale modo di gestire la cosa pubblica -specie al Sud- e quindi negano ogni cambiamento senza proporre nulla.

È di tutta evidenza che hanno torto entrambi, tant’è che la opinione pubblica non si riscalda a tanto clamore e attende qualcuno, un politico e non un politicante, che al posto di pensare al ruolo proprio, cominci a pensare allo sviluppo del Sud.

Cosa serve veramente al Sud?! Che ci siano le condizioni minime per lo sviluppo stesso. Se non si vuole immaginare uno sviluppo trainato dal basso costo del lavoro (come è ovvio) queste condizioni minime non possono non essere: il costo dell’energia, il costo del danaro, il costo dello Stato/burocrazia:

-Produciamo molta più energia verde e fossile di quanta ne consumiamo ma la paghiamo come gli altri e quindi contribuiamo al loro sviluppo ma non al nostro!!!

-Produciamo molto più risparmio di quello che chiediamo con i prestiti dalle banche ma paghiamo il credito più degli altri, e spesso ce lo negano! Anche per questa via contribuiamo allo sviluppo di altri e non certo del nostro!!!

-Paghiamo tasse e contributi come tutti gli italiani mentre godiamo (?!) di servizi pubblici indecenti; così anche per questa via contribuiamo allo sviluppo degli altri e non certo al nostro.

-Infine la spesa effettuata al Sud (in ogni settore: meccanica, assicurazioni, cibo, materiali edili…) per il suo novanta per cento prende la via del Nord e dell’estero e quindi anche per questa via contribuiamo al loro sviluppo e non al nostro.

Tutto ciò significa che oggi ancora non esistono le condizioni minime per lo sviluppo del Sud e la stessa spesa pubblica -pur necessaria ed indispensabile- non produrrà mai lo sviluppo proprio perché prende la via del Nord in quanto non esistono le condizioni minime per fare impresa al sud.

Il necessario cambiamento è proprio questo: creare le condizioni minime per lo sviluppo cominciando dai tre fattori basilari dell’economia: credito, fisco ed energia i cui prezzi (e quindi costi per le imprese che li utilizzano) siano commisurati al gioco della offerta/domanda interna al sud e non al prezzo internazionale dettato dalle economie opulente che invece, come accade oggi, comperano le nostre risorse energetiche, finanziarie e fiscali senza pagarle! come si faceva con le colonie!!!

Si deve creare così il clima favorevole all’impresa anche piccola e nascente in qualunque settore operi, che solo così può divenire competitiva anche verso le lusinghe della malavita che trova terreno fertile proprio nella politica colonizzatrice e quindi rapinatrice che subiamo. Il decisivo sostegno di cui la malavita meridionale beneficia sta proprio nella politica colonizzatrice del Nord.

Si vede bene la siderale distanza culturale che separa la questione dell’autonomia amministrativa da quella dell’effettivo sviluppo del Sud di cui nessuno sembra interessarsi più.

Ma anche la distanza siderale tra la politica nordista che è unitarista italiana o europea, quando deve incassare (per l’energia, le tasse, i carburanti, i tassi di interesse), ma differenziata quando deve dotare il Sud di servizi pubblici o erogare aiuti alle imprese.

Né basta oggi costruire le pur necessarie infrastrutture che sarebbero state utili decenni fa perché il tempo è ormai trascorso e le esigenze sono tutt’altre.

Aspetteremo un altro secolo perché la sedicente classe dirigente meridionale si svegli e capisca?


FOTO: “Autonomie differenziate”, fotocomposizione digitale, Enzo Varricchio – Pino Verrastro, dal ciclo “Eros Parking”, 2022

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