Processo all’arte: inchiesta impossibile di un pm di oggi su un capolavoro del Seicento A Lecce la presentazione del libro di Andrea Apollonio

 

 

di Enzo Varricchio

Sono tanti anni che lavoro tra arte e diritto, tra codici e quadri, tra mostre e processi, musei e tribunali, alternando questioni di critica optoestetica al diritto d’autore e dei beni culturali, per cui non mi ha stupito la garbata richiesta di un giovane pubblico ministero innamorato del Caravaggio di far parte del comitato scientifico di una nuova collana dell’editrice romana “La Bussola”, intitolata “Arte e giustizia”, evidentemente connotata dal medesimo mio scopo di favorire incontri biunivocamente proficui tra il mondo dei diritti e delle regole e quello libero e sregolatissimo della creatività semiofora degli artisti. Ho accettato, non solo perché onorato di condividere l’impresa con studiosi ed esperti di eccelso valore – quali il collega avvocato Giuseppe Iannacone e la  principessa Gesine Emily Mary Pogson Doria Pamphilj, collezionisti tra i migliori della penisola, nonché i rinomati critici d’arte Massimiliano Floridi e Nicosetta Roio, – ma soprattutto per l’originalità del progetto editoriale “a metà strada tra narrativa e saggistica, volendo da un lato raccontare vicende criminali o indagini giudiziarie legate alla vita di artisti o alle loro opere, dall’altro raccontarle, per quanto possibile, con gli strumenti propri del diritto e della critica d’arte”. Dunque, non tanto difesa dei beni culturali e tutela degli artisti, aspetti comunque tecnicistici calati nella realtà forense, quanto occasione per narrare episodi storici legati alle biografie dei grandi maestri, per addentrarsi profondamente nell’universo della bellezza con l’ausilio congiunto dei ferri del mestiere dei due mondi nient’affatto separati e distinti come si potrebbe superficialmente ritenere, bensì complementari.

Ebbene, la collana sembra partita con il piede giusto. Il primo volume “S’indaghi Malo il fiammingo. Inchiesta impossibile di un pubblico ministero nell’epoca di Caravaggio” (La Bussola, 2021) di Andrea Apollonio, pubblico ministero in servizio in una procura sicula e ideatore della collana, è un vero e proprio viaggio nella pittura del Seicento, vista con la mentalità di un moderno investigatore all’impossibile caccia dell’autore di un reato commesso attraverso un quadro attribuito a un seguace del pittore fiammingo Vincent Malò, allievo di Rubens e collega di Van Dyck nella bottega del primo ad Anversa, attivo a Genova nelle prime decadi del XVII secolo, personaggio di per sé misterioso e maledetto.

La citazione iniziale del libro sembra un manifesto programmatico: “L’attività del giudice che pronuncia sentenze è stata avvicinata a quella di qualsiasi altro critico d’arte” (Piero Calamandrei, Il giudice e lo storico), si rivelerà più una tesi-premessa cui faranno seguito antitesi e sintesi, in un procedimento dialettico che in effetti avvicina il mestiere del critico d’arte a quello del giudice (il verbo Krino in greco antico significa “giudicare”) anche per i mezzi di prova: documenti, tabulati, testimonianze, consulenza tecnica, vengono adoperati anche dagli storici dell’arte. Solo che questi ultimi non hanno il potere né l’immane compito di accertare la verità dei fatti bensì quello di “scandagliare la bellezza e rimanerne prigionieri”.

L’indagine impossibile si dipana con il ritmo di un’opera narrativa, incalzante e avvincente come un legal thriller, senza rinunciare a far immergere il lettore nei problemi quotidiani e concreti di un Pm di oggi. Mentre si visita l’era della definitiva affermazione dell’astro ineguagliabile di Michelangelo Merisi da Caravaggio, ci si sente calati nelle riflessioni e nei dubbi di chi per mestiere deve partire da una notizia di reato e deve riempire di contenuti il fascicolo di indagini attraverso la raccolta e le analisi delle prove a sostegno di una tesi d’accusa, inizialmente, per forza di cose, assiomatica.

Il lavoro di Andrea Apollonio è un trattatello dialettico, originale, intelligente (talora persino scaltro, quando finge di adoperare una fotocopia in bianco e nero del quadro incriminato, come accade spesso a un pm nelle procure dove non esiste un fotocopiatore a colori), appassionante e alquanto istruttivo per chi vuole conoscere un’epoca straordinariamente florida per la pittura.

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