di Francesco Bellino

Filosofo

Quali sono le emozioni primarie, fondamentali, dalle quali derivano tutte le altre? Paul Ekman della University California di San Francisco ha dimostrato che la paura, la collera, la tristezza e la gioia sono le quattro emozioni fondamentali universali, le cui specifiche espressioni facciali sono riconosciute in ogni cultura del mondo.

Perché abbiamo paura? Perché avvertiamo un pericolo che ci minaccia. Il pericolo mette a repentaglio la vita e quindi è una minaccia di morte. Dunque, la paura è paura di morire.

<<Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l’una di non saper nulla, l’altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte>>, ha scritto  Leopardi nel suo Zibaldone di pensieri. Avendo l’uomo  <<la tendenza all’infinito>>, <<la vita umana non fu mai più felice che quando fu stimato poter essere bella e dolce anche la morte, né mai gli uomini vissero più volentieri che quando furono apparecchiati e desiderosi di morire per la patria e per la gloria>>.

Quando il sommo bene era morire gloriosamente, gli uomini non temevano, anzi affrontavano i pericoli e godevano sopra ogni cosa.

<<Gli antichi vivendo non temevano il morire, e i moderni non vivendo, lo temono>>, scrive Leopardi. L’amore della gloria, che bolliva negli antichi, <<li facea sempre mirare alla posterità ed all’eternità, e cercare in ogni loro opera la perpetuità, e proccurar sempre l’immortalità loro e delle opere loro>>. Carattere delle antiche opere era <<la durevolezza e la solidità>>, delle moderne <<la caducità e brevità>>.

Ciò che turba gli uomini, ci ricorda Epitteto nel suo Manuale, non sono le cose, ma la rappresentazione delle cose:<<La morte non è niente di terribile -altrimenti sarebbe sembrata tale anche a Socrate -, bensì il giudizio che la morte è terribile, ecco quel che è terribile>>.

<<Tutte le nostre azioni e i nostri pensieri debbono prendere un corso talmente diverso, a seconda che ci sia o no da sperare in beni eterni>>, ci ammonisce Pascal.

La pandemia ha reso di nuovo visibile la morte, facendo crescere le nostre paure. La paura nella sua origine ha una radice metafisica.

Il disincantamento prodotto dalla scienza e dalla tecnica ha reso la morte assurda, perché la vita è inserita nella falsa infinità del progresso e pertanto non può avere alcun termine. L’uomo può divenire stanco della vita, ma mai sazio. Di ciò che la vita sempre nuovamente produce, come ha osservato Weber, <<egli coglie la minima parte, e sempre qualcosa di transeunte e mai definitivo: quindi la morte è per lui un accadimento assurdo. Ed essendo la morte priva di senso lo è anche la vita civile come tale, in quanto appunto con la sua assurda “progressività” fa della morte un assurdo>>.

La medicalizzazione della vita ha prodotto l’algofobia, la paura generalizzata del dolore. Quando la medicina mostra i suoi limiti, la disperazione dell’uomo postmoderno arriva anche a negare la malattia e la stessa medicina!

<<Ha cuore chi conosce la paura, ma soggioga la paura>>, ha scritto Nietzsche.

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