di Carlotta Gravina

Solo pochi anni fa si era convinti di saper scegliere autonomamente il must- have degli abiti, degli accessori, delle creme, delle bevande diuretiche ma poi hanno coniato il termine “influencer”.

Definito come un personaggio efficace, popolare in rete, capace di influenzare i comportamenti e le scelte di un gruppo di potenziali consumatori. Si è ipotizzato in modo più specifico che un influencer spinga il 10% di coloro che lo seguono (anche in condizione di inattività per non dire assuefazione da social network) ad acquistare e formi le opinioni della restante parte.

L’influencer viene pagato per sponsorizzare un bene o un servizio ma il risultato non dev’essere una classica pubblicità bensì l’ostentazione dell’uso e del risultato su di sé di un prodotto pazzesco nonostante la sua mediocrità.

Insomma, l’influencer è quasi un attore talmente capace che spesso non riesce a pronunciare il nome del brand correttamente.

È necessario però dividere i veri esperti di moda, arte, cosmesi, viaggi, cucina, capaci di trasmettere in modo brillante i loro contenuti, da chi fa finta di bere le tisane Fitvia dissetandosi, drenando, eliminando la “redenzione idrica”, solo nella sua immaginazione.

Ogni giorno si assiste a un nuovo percorso di ascesa verso la notorietà di una tronista di Uomini e Donne. Di quelle che “Livello d’inglese? Bed and Breakfast”.

Gli step sono ricorrere alla chirurgia estetica per essere più presentabili nelle Instagram stories, essere ricoperte di Gifted by e Advertising da parte degli sponsor, collezionare followers, farsi scrivere libri dai contenuti leggeri che diventano best-seller, farsi disegnare costumi da bagno in acrilico che fanno sold out.

Il monologo davanti alla videocamera tipico delle influencer – venditrici medie inizia con “Me l’avete chiesto in tantissimi”.

Frase utile e ricorrente per sbandiera il costante dialogo con il loro seguito alla ricerca, incessante, di informazioni sulla marca delle loro mutande, sul miglior centro estetico per la “Piedi cure “, sulla perfetta vita amorosa, sulla scuola di non-italiano, sulle healthy ricette a base di “avvocato”, sulla loro motilità intestinale. La parte più preoccupante di questa situazione è sicuramente rappresentata da chi emula queste figure con esito infelice perché ha followers falsi ed esigui e la frase

“Me l’avete chiesto in tantissimi”

da risultare insopportabile diventa fantascientifica.

Le nuove generazioni trovano ispirazione in queste “professioni” per il guadagno facile, il tenore di vita apparentemente felice e agiato, rigorosamente privo di sacrifici e studio, non percependone la caducità.

L’influencer marketing è senza dubbio una strategia infallibile per le aziende, per farsi conoscere, rilanciarsi e ricordare.

È rapido, meno impegnativo del marketing tradizionale e sta rendendo queste soddisfatte ma nel contempo schiave di un sistema in cui la qualità non si vende più da sola. Brand di lusso utilizzano gli stessi canali di altri meno esclusivi, con cui si trovano a competere perdendo di vista talvolta il loro target di riferimento.

Ignorare l’immenso potenziale del web è ormai impensabile.

Si spera, però, che un marchio noto per la sua eleganza e raffinatezza possa prestare maggiore attenzione a chi sceglie per farsi rappresentare.

 

 

 

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