di Francesca Casciaro

Scientology è stata fondata da L. Ron Hubbard nel 1954 e, sin dalle origini, è stata al centro di critiche e polemiche.

Si tratta senza dubbio di una religione sui generis, anche se lo scopo ultimo da essa dichiaratamente perseguito è comune a quello della maggior parte delle fedi più tradizionali: la comprensione della natura spirituale dell’individuo.

L’originalità di Scientology risiede nei metodi con i quali si persegue l’illuminazione spirituale, che si servono di tecniche parascientifiche e tecnologiche al fine di migliorare le potenzialità della mente.

Il punto di forza del credo ideato da Hubbard sembra dunque essere la totale assenza di quei dogmi che erano tipici delle religioni del passato ma che adesso, in una società moderna e industrializzata, appaiono troppo astratti e solenni per poter essere sentiti intimamente dall’individuo.

I principi di Scientology sono, infatti, accessibili a chiunque e concretamente applicabili dai fedeli che vogliono raggiungere l’elevazione spirituale.

Si tratta, in definitiva, di una religione che racchiude in sé una componente di mental coaching, una di psicologia e una di scienza (latamente intesa), coniata al preciso scopo di affascinare l’uomo dell’età moderna, che conosce la scienza e ha perso la fede nei dogmi, rendendolo capace di far fronte all’incertezza e allo sconforto che attanagliano la sua vita.

 Cos’è Scientology – Una panoramica sui principi di una delle religioni più controverse del mondo.

Ma quali sono, concretamente, i principi di Scientology volti all’elevazione spirituale del fedele? E quali sono le loro applicazioni pratiche?

Per Hubbard, oltre alla mente analitica e razionale, ogni individuo possiede una mente reattiva, che memorizza traumi e relaziona eventi per mezzo di immagini mentali (chiamate dagli Scientologist “engram”), delle quali però non si ha alcuna coscienza.

E’ proprio questa mente reattiva, sulla quale l’individuo non ha alcun controllo, a essere l’origine di ogni ossessione, turbamento e incertezza.

Lo scopo di Scientology e delle sue pratiche è proprio quello di insegnare all’adepto ad acquisire il controllo della propria mente reattiva, raggiungendo così lo stato di “Clear”, ossia la libertà spirituale che si può ottenere esclusivamente liberandosi di tutti gli engram (le immagini mentali memorizzate nella mente reattiva che turbano la felicità della nostra esistenza).

Lo strumento “tecnologico” predisposto da Scientology per ottenere il pieno controllo della propria mente reattiva è l’auditing.

Si tratta di una procedura equiparabile, per certi versi, alla psicanalisi (e, come la psicanalisi, è a pagamento): l’auditor pone delle domande al preclear (colui che subisce la procedura per elevarsi spiritualmente) cercando di individuare le ragioni della sua sofferenza spirituale e stimolando così un’autoanalisi, che lo porterà a prendere progressivamente il controllo della sua mente reattiva.

Proviamo a usare la mente analitica per fare una critica di Scientology (tale analisi sarà inevitabilmente viziata dalla mia mente reattiva, essendo chi scrive tutt’altro che “Clear”).

Scientology è una religione moderna, e questo è evidente: i suoi principi sembrano essere stati coniati appositamente per affascinare l’uomo di oggi.

Nessuna transustanziazione o mistero della fede, nessun inferno dantesco pronto ad accoglierci se sbagliamo: solo la miseria della vita terrena.

La mente dell’uomo è al centro di tutto, con un subconscio che prepotentemente riemerge rovinandoci l’esistenza, avvelenandoci e rendendoci ossessivi, insicuri e tormentati.

Tutto questo noi possiamo vederlo e capirlo, non c’è nulla di assurdo o di inspiegabile razionalmente.

Che i brutti pensieri ci rendano tristi lo sappiamo da sempre, che possano esistere brutti pensieri che non ci rendiamo conto nemmeno di avere, celati al di sotto dello spesso velo della coscienza, che in qualche modo ci riescono comunque a influenzare, non ci pare così inconcepibile: il principio è lo stesso.

Lo scopo è dunque far riemergere i traumi, riprendere il controllo della propria mente e riconquistare, così, la nostra libertà.

Ma qual è allora il problema? Perché Scientology è stata spesso criticata e considerata alla stregua di una setta?

Nel 2015 Alex Gibney ha diretto un documentario intitolato Going Clear: Scientology e la prigione della fede, dai contenuti davvero agghiaccianti: erano raccolte le testimonianze di diversi ex adepti, i quali raccontavano di come, negli anni trascorsi da Scientologist, avessero subito un autentico lavaggio del cervello, divenendo completamente succubi della setta.

Che si voglia o meno credere agli intervistati, è comunque possibile maturare una riflessione sulla base dei dati e delle informazioni pubblicate direttamente sul sito di Scientology Italia.

Ogni religione ha in sé insita una promessa: quella di liberarci da i turbamenti della vita e dalla paura della morte.

Ci dicono che non siamo fatti solo di un corpo mortale, ma anche di un’anima immortale, e ci offrono metodi per lenire i supplizi dell’anima e scacciare i nostri timori.

Scientology, in questo, non è diversa dalle altre religioni: a essere diverse e innovative sono solo le modalità con cui si adopera per mantenere questa promessa.

Si tratta di modalità concepite appositamente per affascinare l’uomo moderno, laddove più nessun fascino era esercitato su di lui dai metodi delle religioni tradizionali che, con il progresso della scienza, hanno perso di credibilità.

Tuttavia, si potrebbe affermare che ogni religione rechi in sé il rischio che la fede divenga cieca e che il fedele finisca per devolvere l’interezza della sua vita all’osservanza dei precetti che gli vengono impartiti.

Il fanatismo religioso e l’asservimento a un credo non sono fenomeni nuovi, ma hanno origini antiche, così come nella storia si registrano svariati esempi di religioni che hanno sfruttato la fede dei credenti per il proprio tornaconto economico.

Papa Leone X, nel 1500, promettendo ai fedeli il Paradiso, vendeva le indulgenze e arricchiva la sua Chiesa.

La Chiesa di Scientology, promettendo ai fedeli la libertà spirituale, vende le sedute di auditing per finanziarsi.

Non c’è grande differenza tra queste due modalità di commercio della fede, anzi, tra il fedele cristiano dello scorso millennio e lo Scientologist odierno c’è un significativo punto di contatto: la soggezione.

Entrambi, al fine di conquistare la libertà futura, devono farsi, nell’immediato, schiavi della loro fede.

Entrambi non si avvedono che la sudditanza è una droga: crea dipendenza ed è difficile disintossicarsi.

In entrambi i casi la promessa di libertà viene dunque disattesa poiché, come in ogni fanatismo, l’illusione di libertà è data proprio dallo stato di schiavitù.

In definitiva, per lenire i traumi e riprendere il controllo della nostra mente, è chiaro che lo psicanalista sia preferibile all’auditor: perlomeno curerà i nostri mali con ragione e scienza, non con fede e tecniche parascientifiche e, da quello che ho sentito dire, potrebbe essere persino più economico.

 

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