di Enzo Varricchio

 

Sempre e per sempre bella la poesia leopardiana, che oggi riscopriamo in mezzo ai marosi, insieme al povero Dante, che nessuno legge ma ognuno cita per uscire infine a riveder le stelle. Tutti fatalmente vittime d’incerte speranze.

Ma la quiete “dopo” la tempesta non serve a un bel nulla se non sappiamo se mai finirà. La vera quiete ora dobbiamo averla “nella” tempesta.

Dicesi capacità di mantenere dritto il timone in barba ai bollettini dell’apocalisse, di non farsi rincoglionire dalle chiacchiere dei Burioni televisivi che non ne hanno azzeccata nemmeno una, né affascinare dai draghi travestiti da agnelli, dagli sceriffi multatutto e dai falsi amici.

La vera quiete sta dentro di noi, nella libertà di continuare  a pensare con le nostre teste e di lasciarci guidare dal cuore per costruire un futuro molto diverso dal recente passato.

E, perché no, cominciare a riporci le fatidiche domande sul chi siamo e sul nostro destino.

La vera quiete è fatta anche di fiducia, di fides, fede in un Dio o in qualcosa che gli somigli, estremo rifugio di noi migranti della vita.

Però a patto che questo dio non ci faccia arrendere all’ineluttabile ma ci spinga a combattere per la verità e la bellezza, senza paura, con l’umanità di un dio del popolo che somigli a Papa Francesco.

Ecco le ragioni del nuovo mensile di SM, dedicato alle religioni in tutte le forme, giovani e antiche, laiche e bigotte, alla ricerca del sacro sacrificato nelle nostre esistenze, svenduto sull’altare di potere e consumo, e oggi più che mai necessario per scampare al naufragio.

Più che mai, a tutte e a tutti, il consueto augurio: buona lettura e buona scrittura!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abilita le notifiche per non perderti nessun articolo! Abilita Non abilitare