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In questo numero si parla della menzogna, per alcuni è un arte, per altri è qualcosa di riprovevole, eppure  le nostre vite sono piene di menzogne. Infondo chi nella propria vita non ha mai mentito?

La menzogna esiste anche nel mondo dello sport. Vi state chiedendo come?

Nel mondo dello sport mente chi fa uso di sostanze dopanti quindi ricorre al doping.

Cos’è il doping?

Il doping consiste nell’utilizzo di sostanze dopanti o di pratiche mediche che non hanno scopi terapeutici, ma sono finalizzati a migliorare l’efficienza psico-fisica durante una prestazione sportiva sia a livello agonistico che non agonistico da parte di un atleta.

Le sostanze utilizzate per il doping sono varie e legate allo sviluppo della sintesi chimica, della farmacologia e della scienza medica. Esse permettono di aumentare la massa e la forza muscolare, l’apporto di ossigeno ai tessuti oppure di ridurre la percezione del dolore o di variare il peso corporeo.

 Le origini del doping.

La storia del doping inizia nell’antichità, all’epoca delle prime Olimpiadi nella Grecia classica. Stesso discorso per gli Antichi Romani, che associavano differenti tipologie di carni, a seconda della disciplina, a sostanze stimolanti.

I guerrieri della mitologia nordica si affidavano a decotti preparati con un fungo alcaloide, dotato di eccellenti proprietà stimolanti; in America del Sud si utilizzava una miscela a base di coca, matè  e guaranà; in America del Nord dilagava il peyote, una pianta succulenta contenente la mescalina (sostanza psicotropa stupefacente); in Africa la miscela dopante era composta per lo più da foglie di cola, sostanze stimolanti e alcol.

La cronaca nera del doping nel mondo dello sport

Il primo caso di doping registrato in Italia avviene nel 1960, durante le Olimpiadi di Roma dove morì il ciclista danese Jensen.

Al Giro d’Italia 1969, quando era in maglia rosa, il Cannibale Eddy Merckx fu trovato positivo alla fencamfamina,

Alle Olimpiadi di Seul nel 1988 il corridore giamaicano Ben Johnson, oro e record del mondo (9”79) nei 100 metri, viene trovato positivo alla stanozolo

Ai Mondiali di calcio 1994, negli Stati Uniti, Diego Armando Maradona, viene squalificato dopo un controllo antidoping positivo all’efedrina.

Uno dei casi più celebri ed oggi ancora misterioso è quello di Marco Pantani: alla vigilia della penultima tappa del Giro 1999 che stava dominando, a Madonna di Campiglio, il suo ematocrito risulta troppo alto: squalificato.

La velocista americana Marion Jones vince 5 medaglie (tre d’oro) a Sydney, ma nel 2006 viene trovata positiva all’eritropoietina.

Clamoroso il caso di Lance Armstrong: vincitore di 7 Tour de France, il corridore texano viene incastrato dalle confessioni degli ex compagni di squadra, che ammettono il sistematico utilizzo di pratiche dopanti nella squadra della Us Postal. Nel 2013 è lo stesso Armstrong ha confessare l’uso di sostanze proibite e perde i suoi 7 Tour.

Nel vortice del doping è finito anche il marciatore italiano Alex Schwazer; oro nella 50 km di marcia a Pechino 2008, prima di Londra 2012 è trovato positivo all’eritropoietina.

E per finire, alle Olimpiadi di Rio 2016, la giocatrice italiana di beachvolley Viktoria Orsi Toth, storica compagna di gioco della Menegatti, è risultata positiva al clostebol, uno steroide anabolizzante. Squalificata per 4 anni, ha ceduto il suo posto all’americana naturalizzata italiana Becky Perry.

La rilevanza penale del doping.

L’atleta che mente sul proprio stato psico-fisico non solo rischia la squalifica e la perdita dei titoli vinti,  ma viola anche il codice penale.

L’art. 586bis del codice penale intitolato Utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze. La pena di cui al primo comma si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche. La pena di cui al primo e secondo comma è aumentata: a) se dal fatto deriva un danno per la salute; b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne; c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano. Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l’interdizione temporanea dall’esercizio della professione. Nel caso previsto dal terzo comma, lettera c), alla condanna consegue l’interdizione permanente dagli uffici direttivi del Comitato olimpico nazionale italiano, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano. Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato. Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi indicate dalla legge, che siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero idonei a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468.”

Report 2018 del doping

Nel corso dell’anno 2018, la SVD  (Sezione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive) ha programmato controlli antidoping su 141 manifestazioni sportive. Nel corso di questi eventi sono stati sottoposti a controllo antidoping 594 atleti, di cui 388 maschi (65,3%) e 206 femmine (34,7%) con un età media di 25,7 anni (26,3 i maschi e 24,7 le femmine). Dai risultati delle analisi condotte dal laboratorio antidoping della FMSI (Federazione medico Sportiva Italiana), è emerso che dei 594 atleti controllati, 13 sono risultati positivi ai test antidoping (il 2,2% degli atleti sottoposti a controllo) . Nel 2018, la percentuale più elevata di principi attivi rilevati ai controlli antidoping appartiene a: 1) cannabinoidi 33,3%; 2) agenti anabolizzanti 26,7%; 3)stimolanti 26,7%.

Conclusioni

Non ci sono dubbi, mentire non conviene, oltre alle conseguenze penali, in alcuni casi si può lasciare la pelle, allora perché doparsi?

Vi lascio alla riflessione con questa risposta, fornita dal ciclista italiano più amato della storia che ha reso celebre l’Italia, durante l’intervista al quotidiano Repubblica: “Quando ci garantiranno che un somaro non potrà superare un cavallo, solo allora si vedrà una bella corsa.”.Marco Pantani.

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