Dirigismo pubblico-privato, la nuova/vecchia ricetta dell’autocandidato Draghi

di Canio Trione
economista
Il vizietto del volere sempre di più non si perde mai. Il nostro Draghi interpellato sul tema di cosa servirebbe per il futuro dell’Unione Europea e in vista degli avvicendamenti sulle poltrone europee, ci dice che non va bene nulla; e contro ogni ragionevolezza non dice di rimuovere i responsabili dell’attuale insufficienza e incapacità dell’Europa di fare fronte alle attuali sfide, ma insiste nel solco passato (magari con le stesse persone e certamente con la stessa filosofia grandindustriale) suggerendo un enorme rafforzamento delle imprese maggiori asserendo che l’aumento della dimensione delle imprese produce economie di scala; cosa vera nelle prime fasi della crescita delle imprese ma quando l’impresa diviene troppo grande la sua ulteriore crescita è costituita da maggiore burocratizzazione interna e quindi  avviene a scapito della libertà dell’intero sistema che viene meno, facendo venire meno la democraticità dell’intera Unione…come già possiamo vedere; senza parlare dei fallimenti prodotti alle altre imprese concorrenti che vengono o espulse dal mercato o costrette a costose ristrutturazioni e licenziamenti sempre a costo della riduzione delle qualità dei prodotti e servizi erogati senza voler parlare dei costi ambientali e sociali.
La visione dirigista prospettata da Draghi sembra una riedizione del Soviet dove la “pianificazione quinquennale” di felice memoria diviene un dirigismo pubblico-privato dove chi pone le regole è il privato ampiamente in grado di “comperare” le Istituzioni pubbliche con una frazione infinitesima dei propri bilanci. E non ha in nessuna considerazione la concorrenza né, tanto meno, la numerosità delle imprese; addirittura si invoca l’acquisto congiunto di beni da parte dei grandi acquirenti anche pubblici per ottenere prezzi migliori (prezzi che forse si potrebbero chiamare “scannati” all’italiana) che poi si riververebbero sul pagamento dei fattori della produzione che già ora sono sottoretribuiti come quello del lavoro.
Una intera idea di Europa che qualcuno potrebbe definire allucinata dal bagliore del “grande è bello” per non dire “ciclopico è bello” che legittima una ulteriore accentramento della ricchezza di cui nessuno avverte il bisogno.
Ancor peggio è da dire della necessità di controllare l’approvvigionamento delle materie prime! Cosa vuole dire? Le materie prime sono per definizione disponibili in quantità non infinita e quindi nei secoli si è sempre fatta una guerra per esse: se sono nella disponibilità di tizio non lo saranno in quella di caio e quindi la lotta è necessitata dalla sopravvivenza. Nessuna parola sul fatto che potrebbero esaurirsi con danni ambientali incredibili per tutti e per i futuri occupanti del Pianeta; e nessuna parola sul fatto che forse si potrebbe immaginare l’ipotesi di NON produrre cose che portano tali problemi.
Ma il “nostro” ha anche prospettato un’altra idea molto vecchia e cioè l’Europa a due velocità. Tanto tempo fa poteva credersi che questo avrebbe comportato nazioni di serie A e nazioni di serie B le quali ultime, offese da tanta protervia, se ne sono dissociate sdegnate. Oggi quella idea vecchia non è più così sconsiderata come si è sempre detto. Non essendo credibile che il Draghi abbia pensato ad una intesa di due o più stati che decidano dittatorialmente per tutti (magari trascinandoli in qualche avventura indesiderata) è da ritenersi che si riferisse all’idea di una Europa franco tedesca ispirata dalle idee del Draghi (magari includendo qualche loro satellite e governata da criteri rigidi da caserma come piace ai cultori della efficienza a tutti i costi) separata da una Europa Mediterranea con una propria filosofia e moneta, forte di moltissime imprese piccole e medie in libera competizione tra di loro e ben protetta dalle scorribande delle mega imprese del resto del mondo; non solo questa potrebbe essere una soluzione ma potrebbe costituire un nuovo modello di Europa più vicina ai popoli che la compongono.
La prima potrebbe avere un esercito unico mentre la seconda potrebbe dichiararsi neutrale ad ogni guerra se non difensiva anche in rispetto al patto Briand Kellogg che è ancora in vigore e costituire un allargamento della gloriosa Svizzera.
La prima con suoi parametri, una sua finanza e un suo sistema bancario separati dalla seconda materialmente e filosoficamente anche per liberare i nostri amici d’oltralpe delle leggerezze economiche e finanziarie che continuamente ci attribuiscono.
Di tutto il discorso questo suggerimento sembra essere una vera rivoluzione ma dubitiamo che il mega banchiere abbia capito quello che diceva; vedremo presto che cosa voleva dire.

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