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Saffo a scuola, fuori dagli stereotipi

By admin 21 Novembre 202024 Novembre 2020

 

di Samanta Leila Macchiarola

docente di greco e latino

 

 

“… E chi ancora devo convincere

ad accettare il  tuo amore?

Saffo, chi ti fa torto?

Se ora fugge presto inseguirà

e se respinge i tuoi doni poi ne offrirà

e se non ti ama presto ti amerà

pur se non vuole”

(fr.1 V.)

 

Chiedevo, di recente, ai miei studenti di esprimere un’opinione su questi versi di indiscussa bellezza. A loro, che avevano tradotto il testo dal greco, chiedevo di andare oltre gli aspetti meramente scolastici,  e  dirmi come li avevano intesi, interessata a sapere cosa ne pensassero.

 Sanno bene, i miei ragazzi, chi è Saffo: unica e straordinaria voce femminile della letteratura greca, esponente della melica monodica, ovvero un tipo di poesia cantata e accompagnata da strumento musicale, genere largamente apprezzato nell’antichità, simile per certi aspetti alla nostra canzone d’autore.

La traduzione dei versi riportati, appartenenti all’unica lirica di Saffo giunta intera, riesce, infatti, a riproporre, attraverso la rima, il ritornello presente nella poesia in lingua (anche lì tre futuri con la stessa terminazione), ritornello di gusto popolare che non risulta difficile immaginare cantato, tant’è orecchiabile…(http://www.poesialatina.it/_ns/Greek/tt2/Saffo/Fr01.html).

Una poesia delicata e, nel contempo, piena di sgomento ma anche di speranza, definita dagli antichi un esempio di γλαφυρὰ καὶ ἀνθηρὰσύνθεσις, cioè una “composizione raffinata e fiorita”, un testo chiave per comprendere l’universo poetico della raffinata poetessa vissuta tra la seconda metà del VII sec. e la prima metà del VI sec. a.C.

Denominata di norma Ode ad Afrodite, presenta l’invocazione alla divinità (a causa di un amore non ricambiato) a cui segue la parte narrativa, con l’arrivo della dea dell’amore e la sua offerta di aiuto, per concludersi con la preghiera finale in cui la poetessa chiede di essere liberata dal “penoso tormento” in una richiesta di rinnovata alleanza (“…sii mia alleata!”) affinché possa riconquistare la persona che strugge il suo cuore ferito. La dea, garante della legge della giusta reciprocità in amore, farà sì, come sempre, che la poetessa sia riamata.

“Ma chi è questa “persona”? A chi Saffo si rivolge? A nome di chi parla?”

Saffo è stata troppo spesso letta all’interno di una chiave interpretativa che ha condizionato i lettori di tutti i tempie, in particolare, di certe epoche.

Sicuramente, all’interno del testo greco in questione  il genere femminile, utilizzato per alcune parole, evidenzia che la persona a cui la poetessa si riferisce sia una donna…

Eppure, a ben vedere, fermarsi a questo aspetto sarebbe banalmente riduttivo ; una chiave di lettura che non ci consente di cogliere il valore universale dei sentimenti e delle emozioni espresse in liriche d’amore.

Ed ovviamente, di apprezzarle …

E’ vero, l’ ambito della poesia è il tiaso, un contesto elitario con tratti spiccatamente religiosi, luogo di educazione e formazione di fanciulle aristocratiche che, in questo luogo, si preparano alla  vita matrimoniale che le attende.

Ragazze, che vivono un periodo della loro vita in una confraternita quale è il tiaso: qui la sacerdotessa, ovvero Saffo, le educa insegnando loro la musica, la poesia, il canto, la grazia, i segreti dell’amore e le sue regole. Non è difficile immaginare, che in un tale contesto, dove la sacerdotessa è non solo ministro di una divinità, ma anche amica oltre che educatrice, si creino dei legami di affetto e delle situazioni di profonda condivisione.

Saffo parla in prima persona rivolgendosi alle sue allieve, ma l’”io” lirico, com’è tipico della poesia greca arcaica, non rappresenta un “io” individuale, ma un “io” collettivo in cui tutti i componenti del tiaso si riconoscono, quindi, un “noi”.

“All’interno del tiaso di certo regnava una speciale atmosfera…”

 Si spiegano,  i toni dolci e delicati, malinconici e nostalgici, appassionati e struggenti con cui la poetessa accoglie le sue allieve, le vede andar via, saluta chi se ne va, si ingelosisce, consiglia, rimprovera i “tradimenti” di chi ha scelto di frequentare un’ altra “scuola”…

“…Attis ora rifiuti

di pensare a me

e voli via, da Andromeda”

(fr.130 V.)

 Sembra chiaro come versi di questo tipo si possano  prestare ad un fraintendimento, se letti alla luce dell’immagine di Saffo in chiave esclusivamente “libidinosa”…fraintendimento che ne offusca, a ben vedere, la bellezza e il valore poetico.

E se, come in questo caso, da una più attenta lettura comprendiamo cheAndromeda è la maestra del tiaso rivale dove Attis, allieva prediletta, ha deciso di “trasferirsi” (eco lontana di una competizione tra scuole decisamente attuale!), in altre liriche, in cui l’amore è rivolto effettivamente ad un’allieva, ci chiediamo se valga la pena di lasciarsi guidare dal giudizio condizionante di una tradizione moralista, piuttosto che “assaporarle” per il loro intrinseco valore estetico.

“Nel college esclusivo di Lesbo si intessevano, probabilmente, relazioni omoerotiche, ma esse erano concepite come un rapporto pedagogico ed educativo tra allieve e tra maestra e allieve. Saffo, dunque, sa di educarle per la vita fuori dal tiaso, ne è consapevole, tuttavia, il legame creato non può essere facilmente reciso, perché autentico…”

Questa vasta gamma di emozioni e sentimenti trova la sua ragion d’essere all’interno di un contesto in cui i sentimenti, primo tra tutti l’amore, assumono un valore paideutico.

Saffo prova quei  sentimenti, li sperimenta sulla “propria pelle” e, nel contempo, ne fa materia del suo canto, affinché quelle fanciulle sappiano in futuro, essere donne e mogli in grado non solo di vivere le gioie della vita matrimoniale ma anche di gestirne e controllarne le ansie e gli affanni…

L’anonimo autore del trattato “Del Sublime”, indicando questi versi come mirabile esempio di sublime, così scrive:

“…Tutti i fatti come questi capitano a chi ama; ma la scelta…degli elementi più incisivi e la loro riunione in un quadro ha realizzato l’eccezionale”

(Del Sublime, X, 1)

Come in un’anamnesi, Saffo riconosce e descrive i sintomi precisi di quella malattia che è l’amore, sentimento per eccellenza.

Nell’ universo poetico dell’autriceesso assume un valore totalizzante…

“Alcuni dicono che la cosa più bella sulla terra nera

sia uno stuolo di cavalieri, altri di fanti, altri di navi;

io, invece , ciò che uno ama…”

   (fr.16 V.)

 “ …ciò che uno ama…” diventa, in Saffo, il leitmotiv, lo slogan, di una nuova visione della vita e dell’esistere…

La sua bravura nell’esaltare la potenza e il dolce abbandono a cui l’amore piega l’animo umano, la proposta di valori alternativi e complementari al mondo maschile (laddove alla forza fisica è preferita la potenza dell’eros, all’ἀρετή, ovvero alla virtù di stampo omerico,la grazia raffinata, intesa come valore estetico ed etico insieme),esigono una lettura senza schemi precostituiti, scevra dal pregiudizio.

A questa conclusione giungevano i miei studenti considerando che l’autenticità dei sentimenti cantati nonché la loro raffinata espressione rappresentano, forse, l’aspetto più coinvolgente della poesia saffica.

“Un invito a ritrovare  nell’universalità del sentimento amoroso una possibile e significativa chiave di lettura”

 Leggiamo questi versi, per immedesimarci nel dolore di chi è stato abbandonato, per rievocare i palpiti dell’attrazione amorosa, per rivivere la gioia di un’accoglienza, la speranza di un ritorno, l’apprezzamento elegante e delicato di persone, oggetti e situazioni a noi cari, il ricordo malinconico di una persona cara, il desiderio di una riconquista o la nostalgia di un saluto…

“È nel valore mimetico dell’arte che risiede
la grandezza di chi l’ha prodotta,
nella sensibilità dell’uomo cogliere le suggestioni che
la sublime arte poetica di Saffo può suscitare…”

 

A favore di un’estetica e di un’arte fuori dagli stereotipi di genere

https://www.scriptamoment.it/2020/10/22/defemministizzare-artemisia-gentileschi-il-saggio-di-varricchio-e-latrofa-in-occasione-della-mostra-londinese/

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