https://arda2300.wordpress.com/2016/09/09/il-viaggio-degli-argonauti-meet-myths/

 

(Nell’immagine: Medea e Giasone)

di Giulia Reina

La spedizione degli Argonauti rientra nel filone dei cicli eroici che, insieme alle avventure di Ulisse, al ciclo tebano, degli Atridi, di Eracle, e di Teseo, hanno ispirato le famosissime opere letterarie che narrano leggende “eziologiche”. Si ritiene infatti che tali opere raccontino eventi storici, chiaramente attraverso numerosissimi elementi romanzeschi e allegorici.

Il ciclo degli Argonauti ruota attorno alla figura di Giasone, eroe tipico, figlio di Esone, re di Iolco, detronizzato dal fratello Pelia, il quale, secondo un oracolo, sarebbe stato a sua volta sconfitto da un “uomo che portava un solo calzare”.

Giasone, affidato alle cure del centauro Chirone affinchè potesse sfuggire alla morte per mano di Pelia, una volta adulto si presentò alla corte di Iolco, vestito con una pelle di pantera e senza un sandalo, come prevedeva un antico rito guerriero degli Etoli.

Pelia, memore dell’oracolo, volle ingannare il giovane eroe, promettendogli di restituirgli il trono qualora avesse recuperato il vello d’oro, custodito nella Colchide da un drago.

Il vello d’oro era quello dell’ariete divino donato da Ermes a Nefele, la quale, per salvare i suoi figli Frisso ed Elle li affidò all’animale per portarli in salvo.

Nefele era la prima moglie del re Atamante, il quale successivamente ripudiò la dea per sposare la terrena Ino.

La nuova sposa, temendo che Frisso potesse reclamare il trono, convinse il marito a sacrificare i figli avuti con la prima moglie per porre fine a una lunga carestia che perseguitava la sua terra.

Frisso ed Elle montarono sull’ariete dal vello d’oro, ma soltanto Frisso riuscì ad arrivare sano e salvo in Colchide, mentre Ella, durante il viaggio, precipitò, annegando nello stretto che prese il suo nome, Ellesponto (dal greco πόντος, mare, quindi “mare di Elle”).

Il vello era considerato impossibile da recuperare: il re della Colchide, Eete, lo conservava gelosamente e ne aveva messo a custodia un drago immortale dalle mille spire.

Giasone, con l’aiuto dei cinquanta Argonauti (dal nome della nave Argo con cui compirono il viaggio) e, soprattutto di Medea, compì il proprio destino.

Argo è la prima nave mai costruita. Le tecniche di navigazione erano state, fino a quel momento, esclusivamente divine (conoscenze tecniche, geografiche e astronomiche). La spedizione degli argonauti ai confini orientali del mondo conosciuto non è altro che una “missione civilizzatrice” e, contestualmente, permette l’incontro tra Occidente e Oriente.

Secondo la mitologia greca, la Colchide era un terra molto ricca e, per i Greci di quel tempo, rappresentava “L’Est che più Est non si può”. Il tragitto per giungervi era considerato “il viaggio più lungo”, il luogo più orientale mai conosciuto al mondo, laddove sorgeva il sole.

Era anche la terra dove Prometeo fu punito per avere rivelato all’umanità il segreto del fuoco.

http://www.memoriadise.it/Labirinto/argo1.htm

La prima tappa del viaggio fu l’isola greca di Lemno, abitata da sole donne, localizzata nella parte settentrionale del Mar Egeo. Poi fu la volta della Samotracia, isola greca situata nel mar Egeo settentrionale a nord est dell’isola di Lemno, a circa 40 km dalla costa della Tracia.

Successivamente, gli Argonauti attraversarono lo stretto dell’Ellesponto, impresa non facile, poiché il re troiano Laomedonte non permetteva il passaggio a nessuna nave greca, arrivando nella penisola di Arto.

Il re dei Dolioni Cizico li accolse come eroi. Durante la notte, tuttavia, i naviganti si trovarono a combattere con i giganti dalle sei braccia, figli della Terra, che squassavano incessantemente il suolo.

Dopo aver salvato Fineo, re della città di Salmidesso in Tracia (regione storica, posta nell’estrema punta sudorientale della penisola balcanica. Rispetto ai confini odierni, comprende il nordest della Grecia, il sud della Bulgaria e la Turchia europea), dalle Arpie, grazie alle sue indicazioni, gli Argonauti riuscirono a passare tra le Cianee, enormi rocce che urtavano fra loro al passaggio di naviganti, per arrivare allo stretto del Bosforo (che unisce il Mar Nero al Mare di Marmara e segna, assieme allo stretto dei Dardanelli, il confine meridionale tra il continente europeo e il continente asiatico).

Giunti finalmente nel Ponto Eusino (il Mar Nero), raggiunsero la foce del fiume Fasi (oggi conosciuto come fiume Rioni, in Georgia), che bagnava la Colchide.

Circa la rotta che la nave Argo seguì per tornare a Iolco, esistono diverse ricostruzioni.

Pierre Grimal (Pierre Grimal, La mitologia greca, Roma, Newton, 2006) sostiene che non seguirono la stessa rotta dell’andata, ma risalirono il corso del Danubio fino a giungere al mar Adriatico per poi, attraverso il Po e la foce del Rodano, rientrare nel Mediterraneo. In seguito fecero tappa presso l’Isola della maga Circe (nei pressi di Gaeta).

Attraversarono il mare delle Sirene e superato lo stretto di Messina (Scilla e Cariddi), a causa di una tempesta, si ritrovarono sulle coste libiche, nella città di Sirte.

Successivamente toccarono Creta, l’Isola di Egina e, finalmente, tornarono a Iolco.

L’epopea degli Argonauti rappresenta la necessità e la curiosità dell’uomo di esplorare l’ignoto, ad approdare in un mondo diverso per usi e costumi, lingua e cultura.

Un tema molto attuale e che probabilmente lo sarà sempre.

Ma il mito porta con sé anche un significato diverso, legato alla condizione di crescita personale dell’uomo.

Infatti, che cos’è il vello d’oro, se non l’oggetto di conquista, l’obiettivo, che ciascun essere umano persegue e insegue, nel proprio viaggio di formazione, crescita ed educazione?

Siamo tutti Giasone che, attraverso la sua epopea, riesce nel suo intento di crescere, di passare dall’adolescenza all’età adulta.

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