di Daria Lagattolla
Ingegnere

Avete presente tutto quello che vi è stato insegnato a scuola, sin dalla più tenera età, sull’evoluzione dell’uomo? Sicuramente a tutti sovviene la rappresentazione della classica linea del tempo sulla quale comparivano gli ominidi in fila, dalla scimmia fino all’Homo Sapiens.

Ecco, adesso facciamo finta che…

quella riconosciuta da tutti come antropogenesi non sia avvenuta in modo naturale. Ora mi rivolgo anche agli eventuali lettori, se ce ne sono, che si confessano credenti e che pertanto si affidano alla Creazione dell’uomo e della terra per mano di Dio. Anche in questo caso, facciamo finta che non sia andata proprio del tutto così.

Ebbene, oggi vorrei soffermarmi sul saggista Mauro Biglino, noto per aver tradotto la Bibbia dall’ebraico biblico all’italiano, per la casa editrice ‘Edizioni San Paolo’. Allo stato attuale, in realtà, Biglino è anche conosciuto per una serie di rivelazioni “scomode” su quanto risulta sulla Bibbia e che potrebbero portare ad un totale capovolgimento della nostra teologia. In particolare, lo studioso nell’ultimo periodo è stato oggetto di una discussione mediatica sul web, perché recentemente ospite del nuovo podcast “Muschio Selvaggio” curato da Federico Leonardo Lucia (in arte Fedez) e dal giovane Videomaker e Youtuber Luis Sal.

Durante il podcast Biglino ha scelto di partire col botto, affermando apertamente che la Bibbia non parla di Dio, citando così anche il titolo di uno dei libri di cui egli stesso è autore. Ma come può il testo sacro più antico del mondo, fondamento della nostra religione, non parlare di Dio?

Biglino lo ha spiegato nei suoi interventi molto chiaramente: la parola “Dio” è la traduzione impropria e ingiustificata del termine ebraico “Elohim”, il quale è un termine generico, riferito al plurale, che sta ad indicare un gruppo di individui di natura superiore che rappresentano tutte le divinità appartenenti alle diverse religioni del mondo. Tra tutti gli Elohim, in particolare è presente anche Jahvè, che è colui che specificatamente ha avuto il compito di occuparsi della nazione di Israele e che in maniera artificiosa e falsa è stato fatto diventare il nostro Dio spirituale. In sostanza, la Bibbia, intesa come la conosciamo noi, risulterebbe piena di refusi che Biglino ritiene siano stati volontari, e che questi stessi ci abbiano indotto a credere che nel testo si parlasse di Dio. Nel processo di traduzione, il plurale Elohim è stato infatti giustificato in mille modi diversi: basti pensare alla Trinità associata a Dio.

Biglino, dunque, suggerisce di leggere la Bibbia operando una sostituzione di alcuni termini tradotti con quelli originali in ebraico. Da questa rilettura, più vicina e fedele a quella originale ma distaccata dalla consueta interpretazione cristiana, conseguirebbe che la Bibbia è un libro che parla del popolo di Israele e del suo rapporto con il suo comandante Jhavè, che non è il Dio spirituale, trascendente, onnisciente, onnipotente, creatore dei cieli e della terra come normalmente viene inteso dalla religione. Infatti, spiega che L’Altissimo (nella lingua originale Eliòn “colui che sta sopra”), va interpretato come un comandante che divideva le nazioni, stabilendo i confini dei popoli, secondo il numero degli Elohim, cioè dei governanti; insomma, si tratta di una vera e propria spartizione delle terre, ciascuna guidata da un suo governante, che nel caso specifico della nazione di Israele, era appunto Jahvè.

Se fino a qui tutto sembra avere un senso logico – e perché no, anche plausibile – e la Bibbia assume un carattere più storico e politico tale da strizzare quasi l’occhio ai libri di Valerio Massimo Manfredi, adesso arriviamo al fulcro della teoria avanzata da Biglino. Egli infatti prosegue “Tutto il mio lavoro è basato sull’assunto: ‘facciamo finta che’.” Questo ci ricorda il metodo del paradosso sul quale molti teoremi matematici si fondano; tuttavia, per avere valenza, questo metodo si deve concludere proprio con la dimostrazione che le ipotesi avanzate per assurdo risultino confutate. Ma Biglino non è un matematico e pertanto il “facciamo finta che” rimane un assunto aperto, che non trova quindi conclusione concreta nello stravolgimento dello stesso. Glielo perdoniamo? Se la risposta è sì, siate consapevoli che da ora in poi Biglino si sbilancia ancora, seguendo un climax serrato di divulgazioni, fino a proporre argomentazioni vicine al genere sci-fi.

Ne deriva infatti che, nell’Esodo, quando Mosè, per essere sicuro di trovarsi al cospetto di Jahvè, gli chiede di mostrargli la sua Gloria (lett: Kevòd), Jahvè gli risponde che passerà il giorno dopo con essa, ma ordina a Mosè di trovare riparo perché, se l’uomo l’avesse guardata frontalmente, sarebbe morto. Si deduce quindi che la Gloria non si trovi in quel momento con Dio e ciò implica che essa sia qualcosa di assolutamente materiale e non divino. Fatto sta che Mosè obbedisce e si nasconde, guarda il kevod passare e si salva, ma…ha la faccia bruciata.

Addentrandosi così in questa nuova interpretazione della Bibbia guidata da Biglino, si scopre che gli Elohim appartenevano non a una razza terrestre, bensì aliena e assai sviluppata, in grado di manovrare macchine volanti, luminose e ardenti, dette Kevòd, che scendevano dal cielo. Gli Elohim inoltre, come lo studioso sostiene, hanno inizialmente impiantato il loro patrimonio genetico nell’Homo Sapiens o Homo Habilis lì stanziato, permettendo per esempio a Mosè di vivere, come risulta anche nella Bibbia, per 120 anni. E così l’uomo non è il prodotto di un’evoluzione naturale, né figlio di un Dio, ma è letteralmente frutto di una fabbricazione genetica e aliena per mano degli Elohim, operata a loro immagine e somiglianza. Ma allora gli angeli chi erano? Biglino non ha dubbi: erano quelli che in greco antico vengono tradotti come “ànghelos”, cioè messaggeri, dunque individui in carne ed ossa che appartenevano a questa gerarchia militare. I cherubini, al contrario, erano macchine, dei veri e propri robot agli ordini degli Elohim, sui quali si volava seduti come in sella ad un cavallo.

Insomma, Mauro Biglino, con le sue affermazioni colpisce con la forza di un ariete proprio tutti: credenti, atei e uomini di scienza. Sovverte le certezze e le incertezze senza mezzi termini, con i suoi innumerevoli esempi di traduzioni alla lettera sulle quali fonda le sue teorie, le quali di primo acchito possono anche sembrare verosimili proprio perché forniscono una nuova chiave di lettura politica che smonta quella trascendentale. Non si può negare che questo solletichi curiosità, alimentata anche dal fatto che la sua carriera sia nata proprio dal meticoloso lavoro di traduzione dei testi antichi. Poi però, come un ubriaco irretito dell’ennesimo giro di whiskey, perde la sua iniziale autorevolezza e credibilità, barcollando tra realtà ancora più sovrannaturali della teologia.

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