di Dunia Elfarouk

L’artista incontra la Materia e la rende Presenza. Come una forma innata già costituente l’animo dell’autore, l’idea si trasferisce sulla ceramica, vi interviene, la modella, rendendola nuovo oggetto di pensiero, nuovo supporto del sentire.

Così Andrea Viviani, scultore e pittore trentino, esercita la sua facoltà poetica con distintivo ingegno: la sua produzione variegata e multiforme è raffigurazione materica di un mondo fantastico, a tratti anche beffardo e autoironico, nel contempo vitale principio creatore di un cosmo dai tanti riverberi, dai toni vibranti, dalla carica emotiva e sensuale sottintesa ma spiccatamente percepibile. Ad occhio e cuor nudi.

Le venti opere esposte dalla Galleria Teseo Arte a Milano a partire dal 14 novembre al 28 novembre, nella mostra dal nome “Le ospiti”, rappresentano la quintessenza di un’identità critica e persuasiva del fatto che niente è come sembra: vi sono proprietà degli oggetti creati che sfuggono al creatore stesso, perché rivelatrici di una costellazione onirica che supera le logiche del pensiero, se ne prende gioco e, come i pesci dalle giocose espressioni umane di Viviani, ne sorride compiaciutamente, al pari di quel che un saggio o un folle possono fare dell’assurdo meraviglioso gioco del vivere. Per questo l’arte di Andrea è un’arte da accogliere in sè rapsodicamente senza trarne logico inventario, con il solo scopo di farsi travolgere dalla sua potente capacità di manifestarsi nell’esperienza. Il fruitore-spettatore ne trarrà appagamento pieno, solo qualora si congedi da ogni urgenza sistematica o categoria intellettuale. Poiché si troverà dinanzi a intuizioni e paradossi che si calano senza intermediari filosofici o concettuali nel mondo materiale.

La complessità delle linee fisiche, i capogiri pindarici e sornioni che tramutano l’ordine apparentemente confuso di un’immaginazione illimitata si unificano, infine, in una rappresentazione comune illogica ma perfettamente compiuta.

I limiti della ragione vengono superati, come in un’esperienza iniziatica alle suggestioni totemiche di un’ir-realtà che può essere intrapresa e percorsa soltanto attraverso le forme della sensibilità, il lume interiore inquieto dell’ingegno, in quanto l’opera non può essere conosciuta, ma solo percepita da un’intuizione legata ai sensi e agli extra-sensi.

Invero, come in un’alchimia interna allo spirito, il concepimento delle “Ospiti” di Viviani parte da un’immagine fantastica che si scalfisce solo successivamente in operazione estetica di raffigurazione materiale assecondante un principio necessariamente oltre-reale.

Per questo la produzione dell’artista ed, in particolar modo, le opere esposte in questa sede cominciano ad esistere in una sfera intuitiva che travalica le trame intellettuali, per concretarsi nel vigore cromatico e plastico della dimensione sensoriale di Viviani – così forte di una memoria eterna archetipica.

Abbandonarsi alle vertigini del percepire è forse l’unico modo per concedere il proprio intuito all’epifania cui i sogni registrati sulla ceramica che Andrea, uomo e artista che conosce la natura fisica e le leggi segrete del sogno, ci regala.

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