di Enzo Varricchio

W la Primavera.

C’è sempre una primavera per ogni vita,

una rigenerazione dopo l’oscura stagione invernale, dopo il lungo letargo un’attesa silente di questo sbocciare, rinascere.
Le stagioni sono metafora degli evi dei popoli e delle età dell’uomo. 
C’era una volta l’ ”Age d’Or”, l’Età dell’oro, un tempo mitico di prosperità e abbondanza, e coincideva con la Primavera appunto, come scrissero Esiodo e Virgilio nell’antichità classica, ma forse ad essa alludeva anche Platone a proposito della Atlantide.
Durante l’età dell’oro non c’erano leggi perché non c’era odio tra gli esseri viventi, e le guerre non flagellavano il mondo. Non si coltivava la terra poiché da essa cresceva spontaneamente ogni genere di piante e di frutti. Era sempre primavera e non si erigevano case né palagi perché non esistevano il caldo e il freddo né alcuno era più ricco di un altro da doversi difendere con muri e palizzate.

Tutte le creature facevano continuamente l’amore, almeno a giudicare dall’interpretazione di Lucas Cranach il vecchio nell’opera “L’età dell’oro” del 1530.
Nell’era dell’eterna giovinezza nemmeno si nasceva, tantomeno si moriva.

Era il paradiso terrestre. Non a caso, Gesù Cristo nacque nella costellazione dell’Ariete, come ci ricorda padre Dante.
Il termine Primavera viene dal latino «prima» e «vēr», a sua volta derivato dal sanscrito «vas», cioè «splendere», letteralmente “il primo splendore”.
E’ la prima delle quattro stagioni dell’anno consacrata dalle popolazioni italiche preromane in un antico rituale (lat. ver sacrum) praticato in circostanze di particolare gravità (guerre, carestie, epidemie etc.), e in generale come cerimonia di iniziazione dalla pubertà all’età adulta.
Non si contano i libri in suo nome: “Primavera di bellezza” di Beppe Fenoglio, pubblicato nel 1959; “Aspetta primavera, Bandini”, romanzo d’esordio dello scrittore italo-americano John Fante, pubblicato nel 1938; “Neve di primavera”, scritto da Yukio Mishima nel 1968, per citarne alcuni meno popolari.
Tra i film, uno su tutti: “L’âge d’or” del 1930, seconda opera di Luis Buñuel, un capolavoro assoluto del cinema surrealista. Non è sulla primavera in senso stagionale ma sulla primavera dei sensi.
In musica valgano la antonomasica “Primavera” vivaldiana e “La sagra della primavera” di Igor Stravinsky per il noto balletto. Non esclusa l’italica “Maledetta primavera” di Loretta Goggi datata 1981.
A parte la altrettanto antonomasica primavera botticelliana, in arte la nostra stagione vanta dei giganti: “Ramo di mandorlo in fiore” di Van Gogh, la “Primavera” di Lawrence Alma Tadema, quella di Claude Monet, quella di Giuseppe Arcimboldo e quella di Rene Magritte, tanto per citarne alcuni.

Questa è la primavera di un fanciullo di 10 anni di nome Francesco Morrone, il quale ci spiega che cosa piace ai bambini della sua età.

 

Tra tanti video games resta spazio per i “giochi per famiglia”. Il bimbo spiega che in questi – a differenza degli altri –  “non si usano armi ma giochi colorati e pieni di ostacoli semplici per genitori e bambini”.

La primavera è sempre di moda perché è una promessa di eternità.

E allora, sia benedetta la nostra cara Amica che ancora una volta ci permette di coltivare le nostre illusioni!
Buona lettura, buona scrittura.

 

PIC: Lucas Cranach il vecchio, “L’età dell’oro”, 1530, galleria nazionale di Oslo

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