Di Sandro Soglia

Autore e interprete di canzoni memorabili, Ivano Fossati è probabilmente il più lucido musicista del panorama italiano.
Dagli esordi “prog” con i Delirium alla fase rock sino alle introspezioni colte della maturità, il suo canzoniere ha sempre rappresentato una sorta di coscienza critica della musica e della società italiana.
Ivano Fossati mette a fuoco una scrittura capace di dosare l’attitudine rock e la vena intimista e cantautorale in un accattivante impasto musicale, tra i più moderni della canzone italiana.
Questo disco è un’altra tappa sulla strada di un modo di comporre man mano più acuto e profondo, e offre canzoni come “La musica che gira intorno”, apologo sulla musica fatua che “non ha futuro” e al tempo stesso ritratto dei musicisti controcorrente, e “Traslocando”, personale riproposizione di uno dei tanti gioielli regalati a Loredana Berté (suo alter ego femminile).
Disco di transizione, “Le città di frontiera” segna la fine del periodo rock che si concretizzerà nella progressiva sostituzione delle chitarre elettriche con l’elettronica prima e con una strumentazione etnico-acustica poi.
Pur apprezzando il Fossati maturo e affascinante dei dischi successivi, a mio parere l’Ivano pop-rock è mancato moltissimo alla musica italiana. Dopo Lucio Battisti e Lucio Dalla è stato l’ultimo italiano a produrre, per sé e per altri (o meglio altre) tante canzoni di una qualità così stellare.
La sua “saggezza” assomiglia forse a quella che avrebbe avuto Corto Maltese, se fosse invecchiato…

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