Di Sandro Soglia

Tracey Thorn e Ben Watt, cuore e cervello degli Everything But The Girl, credevano davvero di essere in paradiso mentre stavano incidendo questa loro opera prima, mescolando nello stesso calderone pop, soul, jazz, percussioni africane e addirittura bossanova, creando canzoni che non sarebbero dispiaciute nemmeno ad Antonio Carlos Jobim, Gilberto Gil o Caetano Veloso.
Tracey Thorn interpreta il tutto con la sua voce inconfondibilmente indolente, in un disco in cui vi sono introduzioni pacate di chitarra e inflessioni blues e jazz che fanno di lei un’erede squisita di quella tradizione di cantanti blues che sembrava essere scomparsa negli anni Settanta (ascoltate “Each and everyone”).
Ben Watt dimostra di essere un bravo chitarrista ed anche un bravo cantante, oltre che uno che sa usare un organo Hammond al momento giusto.
Forse questo album è una illusione, un qualcosa di nostalgico che zittisce l’ascoltatore per poi colpire al cuore all’improvviso, trascinandolo in un mare di melodie a volte tristi e a volte allegre.
Una illusione lunga 33 indimenticabili minuti, che sono anche un viaggio evolutivo lungo il quale incontreremo desideri amorosi e dilemmi esistenziali.
Un viaggio che esplora tutto, tranne “la ragazza”…

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