Di Sandro Soglia

Ripensando agli albori del post punk britannico, e quindi – tra gli altri – a “Joy Division”, “Echo and the Bunnymen” e “Bauhaus”, non si può non pensare ai “Sound”.
Certamente il loro impatto live non fu sempre di eccelsa qualità, penalizzato anche dal fatto che Adrian Borland, ragazzo paffutello dal volto adolescenziale, diviso fra chitarra e cantato, non era un frontman carismatico e non rispettava i canoni dell’iconografia dark.
Eppure i “Sound”, pubblicarono due album bellissimi, pietre miliari del post punk, il che li inserisce di diritto fra i gruppi più significativi della new wave inglese.
In “From the lions mouth” le trame delle tastiere in evidenza diventano una cifra stilistica irrinunciabile, il punk è poco più di un ricordo, liricità e malinconia impregnano l’intero disco.
“Winning” esprime fin da subito la vena pop-psichedelica con l’intreccio di basso e tastiere e una chitarra dolcemente adagiata sul tappeto ritmico.
Tutto il disco procede con sequenze di basso pulsante, chitarre taglienti, voce calda e profonda, disperatamente e dolcemente dolente, meravigliosi sussulti psichedelici in cui tastiere marmoree e chitarre disegnano trame multicolori.
Uno dei dischi migliori della mia collezione…

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