Neutralità bellica? Necessità economica oltre che politica per l’Italia

di Canio Trione

Un paese con il nostro debito pubblico, il nostro debito previdenziale, la nostra elevata età media, il nostro Mezzogiorno da risollevare e sottrarre alle mafie, il nostro tipo e livello di armamenti, il nostro sistema industriale, la nostra posizione nel Mediterraneo, la nostra posizione nel dialogo tra le religioni, la nostra dimensione nazionale accostata a quella planetaria del conflitto che si sta avvicinando, la nostra dotazione tecnologica rapportata alla “qualità” tecnologica del futuro ed odierno modo di intendere la guerra, insomma, il nostro paese … sarebbe certamente un peso per ogni coalizione militare e non certo un suo punto di forza. Gli ultimi avvenimenti che denotano la più sfacciata tendenza a eliminare ogni precondizione politica alla trattativa avvicinano pericolosamente i peggiori scenari di guerra. È quindi priva di ogni alternativa una solenne dichiarazione di neutralità dell’Italia in ogni conflitto in essere o in preparazione anche in considerazione del peso e della saggezza espressa recentemente dalla Chiesa per voce del Santo Padre che, inequivocabilmente ha interpretato e rappresentato la indole dolce, collaborativa, non violenta, della nostra identità e cultura millenaria.
Peraltro il ruolo che può avere un grande paese neutrale (che addirittura ha messo in cantiere un ambizioso Piano Mattei per favorire la ripresa dell’Africa in chiave anti migrazioni ma anche per dare contenuti all’indole sostanzialmente altruista e collaborativa della nostra popolazione) può essere prezioso per l’intero Pianeta.
Inoltre certe pulsioni belliciste e certi molto male intesi interessi favorevoli a guerre e distruzioni si troverebbero zavorrati dalla defezione italiana dallo scenario bellico.
Anche una alleanza difensiva come la Nato non può non rispettare una scelta neutralista italiana pienamente legittima la cui assenza può trasformare la partecipazione dell’Italia alla prossima guerra in una palla al piede. Al di là degli ottimismi che si ostentano e si danno in pasto ai mercati che succede in caso di default finanziario anche parziale dell’Italia? Gli alleati già impegnati in guerra ci verranno in soccorso con alcune centinaia di miliardi di euro? Magari mettendoli sul conto dei nostri figli e nipoti? Oppure ci lasceranno annegare nei debiti per toglierci dal novero dei Grandi per sempre?
Uno scenario del genere indurrebbe tutti a riflettere maggiormente sui rischi effettivi della guerra che molti potenti vorrebbero.
La pacifica convivenza non è cosa facile né agevole. Contemperare interessi contrapposti e convivere in corale soddisfazione è cosa molto difficile e la guerra è la dichiarazione del fallimento di quello sforzo. Come la seconda guerra mondiale ha avuto le sue radici nella crisi del ’29 così sembra che la crisi del ’09 abbia innescato la stessa sindrome e abbia attivato gli stessi interessi nello stesso senso di allora.
Ricadere nello stesso errore non serve a nessuno e sarebbe stupido.
Dichiarare la neutralità dell’Italia adesso lungi dall’essere prova di codardia è l’unico modo sensato di toglierci dalle questioni sostanzialmente altrui da cui non trarremmo alcun vantaggio per offrire un esempio di mitezza e di Alto distacco dalle pulsioni del momento. Come la Svizzera ha beneficiato degli altrui problemi offrendo al mondo il luogo e il modello per favorire l’incontro tra le culture e gli interessi delle popolazioni vicine, così anche noi, al centro del Mediterraneo e dall’alto della nostra Storia millenaria che tutto il mondo ci riconosce ed ammira, dovremmo e potremmo svolgere l’altissimo ruolo di avvicinare gli interessi dei popoli che si affacciano sul Mare dei tre monoteismi. Anzi, senza una Svizzera del Mediterraneo, neutrale e prestigiosa, colta ma non coinvolta nelle guerre, da questa insidiosa palude economica e politica, culturale e militare, non ce ne usciremo mai.

 


FOTO: Banksy, opera rilasciata il 22/12/2023 a Londra, rubata da due sconosciuti, account Instagram dell’Artista

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