di Antonio Carlo Oliveri del Castillo


(Estratto dalla tesi di laurea in diritto penale “La responsabilità penale delle intelligenze artificiali”, Luiss, anno 2020-21)

 

Premessa. Le sfide future.

di Roberto Oliveri del Castillo

 

“La mente umana non è, come ChatGPT e i suoi simili, una macchina statistica e golosa di centinaia di terabyte di dati per ottenere la risposta più plausibile ad una conversazione o la più probabile ad una domanda scientifica.(…) La mente umana è un sistema sorprendentemente efficiente ed elegante che opera con una quantità limitata di informazioni. Non cerca una correlazione di dati, ma cerca di creare spiegazioni.” (Noam Chomsky, New York Times, 8 marzo 2023).

 

 La frase di Noam Chomsky è estremamente significativa. Essa fa comprendere meglio di tante definizioni la differenza tra mente umana e I.A., ma dà anche la dimensione e la direzione di una delle sfide più importanti degli ultimi anni e certamente dei prossimi, ovvero quella della natura della intelligenza artificiale e del rapporto che va stabilito tra questa, i rapporti umani e il diritto. Un rapporto che investe i campi più disparati e di conseguenza quello della civiltà giuridica che attiene alle regole dei rapporti umani e sociali. In questo ambito va pertanto esplorato quali sono gli strumenti giuridici per regolare questo nuovo ambito delle attività umane, ovvero quello che vedono la mediazione e l’azione di soggetti non umani, ma dall’uomo impostati e programmati. I campi umani investiti dallo tsunami dell’intelligenza artificiale (ormai per convenzione A.I.) sono i più disparati, dalla salute, alla giustizia, all’istruzione, al lavoro, alla sicurezza, tutti più o meno afferenti la sfera più intima e fondante delle moderne democrazie e dei paesi emergenti.  Gli scenari prefigurati possono anche essere, da questo punto di vista, particolarmente inquietanti, fino a mettere in discussione l’essenza stessa dell’identità umana singola e nelle formazioni sociali. Si tratta di capire, in sostanza, come adattare i principi strutturali dei nostri ordinamenti democratici alla novità tecnologica di questi ultimi anni, senza che ciò intacchi le garanzie democratiche e ci faccia sconfinare nelle distopie immaginate nella letteratura nella prima parte del secolo scorso, che infatti avevano come componente fondante una spiccata vocazione tecnologica futuristica distopica, da Metropolis di F.Lang, a Noi di E. Zamjatin, al Mondo Nuovo di A.Huxley ai più noti 1984 di G.Orwell e Il cacciatore di androidi (Blade Runner) di Philip K.Dick, tutti testi in cui l’automazione intelligente è protagonista assoluta.


Leggi l’articolo completo: L’A.I. può subire o commettere reati?

 


FOTO: immagine rielaborata tratta dal film “2001: Odissea nello spazio”.

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