La protesta degli agricoltori: la vera rivoluzione verde dei piccoli soffocati dai grandi

di Canio Trione

 

Che succede all’Europa agricola?

Quanto gli agricoltori stanno facendo in ogni parte d’Europa è oggettivamente impressionante. Le forze dell’ordine di tutta Europa sembrano in ferie: non vogliono creare martiri perché sanno che i contadini hanno ragione ed è controproducente farli arrabbiare ulteriormente. Così la protesta dilaga in ogni dove.
A fronte di questo dispiegamento di forze spontanee i media ci raccontano di motivazioni e rivendicazioni apparentemente riduttive. Serve -dicono – carburante con meno tasse, qualche sussidio in più, non imporre maggesi non necessari…cioè richieste economiche ma certamene non politiche; ma è complessivamente un po’ poco per giustificare tutto questo trambusto. Basti dire per esempio che l’anno passato in Puglia i sussidi per le coltivazioni bio sono state sospese semplicemente perché i burocrati regionali se ne sono dimenticati! E le organizzazioni dei coltivatori non hanno fatto nulla: non è stato neanche portato sui giornali e i contadini non hanno protestato; non è successo nulla! Adesso invece si solleva l’intera Europa. C’è una ragione politica-elettorale? I contadini non si prestano a queste miserie, anche se le loro organizzazioni si.
Proviamo a capirci qualcosa.
Se è vero, come è vero, che il coltivatore (che è destinatario delle più imprevedibili avversità climatiche e burocratiche) deve vendere un chilo -per esempio- di mele a venti/trenta centesimi mentre il consumatore deve pagare quelle mele -lavorate e portate nei luoghi di consumo- più di due euro… c’è una questione di una gravità non più differibile.
La GDO ha reso più caro il cibo per il consumatore e molto più economico per il produttore. Era prevedibile e previsto che la grande distribuzione avrebbe prodotto solo disastri, ma è stato consentito dai politicanti, specie locali. È l’evidente effetto della inefficienza della impresa più grande; è l’evidente effetto della corruzione della classe di amministratori locali e nazionali che hanno permesso l’apertura dei centri commerciali contro ogni ragionevolezza; ed è l’evidente effetto della irresolubilità della questione distribuzione in presenza delle imprese con dimensioni dall’ evidente ruolo politico (oltre che economico) assolutamente debordante che non dovrebbero avere.
Che si fa?
La  presenza della impresa più grande non la si trova solo nella distribuzione: la chimica che fornisce concimi e fitofarmaci, l’energia controllata da multinazionali voracissime, i fornitori di mezzi meccanici e relativi ricambi, quelli che forniscono il packaging, gli stati famelici e burocratizzati, i fornitori di OGM che impongono royalties liberamente, la concorrenza dei prodotti d’oltremare nonché dei cibi “nuovi”, l’Europa che appare chiaramente nemica dei produttori e amica dei grandi che abbiamo appena elencato… ognuno e tutti impongono qualcosa al mondo agricolo cui il contadino non può prescindere…e deve pagare sempre, comunque e dovunque! ce n’è abbastanza per dimostrazioni che non finiranno adesso. E tutte le componenti dell’economia reale e del consumo sono dal lato degli agricoltori. La politica dovrebbe accorgersi che sotto i suoi piedi sta per eruttare un vulcano di rabbia che non potrà non distruggere completamente tutto il castello di carta edificato fino ad oggi su basi tecnologiche e grandindustriali con l’appoggio esplicito della burocrazia pubblica, della banca e della finanza -cioè tutte le componenti illiberali del nuovo secolo- e a scapito dell’economia reale. Si tratta di una specie di nuova rivoluzione francese che sta maturando molto velocemente.
Concretamente nell’immediato l’Europa sgancerà il classico piatto di lenticchie ai contadini e ai loro capi e la cosa andrà almeno parzialmente in sordina. Per qualche tempo.,..poi ricominceranno di nuovo a bersagliare i contadini fino a che la carbonara con il guanciale sarà sostituita dalla frittura di ragni sotto vuoto spinto. E saremo fritti noi come i ragni!

 


FOTO: “Un seme da salvare”,  Zed1, cur.  Marco Miccoli.

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