Prevedere il futuro con l’AI: tra algoritmi e antichi oracoli

di Ermes Strippoli
Da sempre l’uomo cerca di dare un senso a ciò che deve ancora accadere. Nell’antica Cina, si consultava l’I Ching, un libro millenario fatto di esagrammi, segni composti da linee spezzate e intere che, letti secondo rituali precisi, promettevano una forma di saggezza profonda. Non si trattava tanto di predire il futuro come una sequenza di eventi fissi, quanto di coglierne l’orientamento, il potenziale, come se il tempo avesse dei venti da interpretare. Oggi, in un mondo radicalmente diverso, quella stessa sete di comprensione prende una nuova forma: l’intelligenza artificiale.
Algoritmi addestrati su milioni di dati sono in grado di individuare schemi nascosti nel caos apparente. Possono prevedere le vendite di un prodotto, anticipare l’arrivo di un uragano o persino ipotizzare quale sarà il prossimo trend sui social. Le previsioni dell’AI sono rapide, numeriche, efficienti. Eppure, alla base, cercano di fare ciò che l’I Ching faceva con bastoncini e linee tracciate nella sabbia: rivelare direzioni, possibilità, rischi e opportunità.
La grande differenza è nel rapporto con l’incertezza. Dove l’I Ching accettava l’imprevedibile come parte della realtà, l’AI tende a ridurlo, a domarlo. E qui nasce una tensione interessante: possiamo davvero fidarci delle macchine per dirci cosa accadrà? O c’è ancora bisogno di intuizione, saggezza, interpretazione umana?
In alcuni casi, le previsioni dell’AI sono potentissime: nell’ambito medico, ad esempio, possono individuare segnali deboli che sfuggirebbero all’occhio esperto. Ma in altri campi, come l’economia o la politica, l’imprevisto resta sovrano. Un evento casuale, un cambio di rotta emotivo, una reazione collettiva inaspettata possono far saltare anche i modelli più raffinati.
L’I Ching suggeriva che nulla è fisso, tutto è in movimento. E forse è proprio questo che l’AI sta iniziando a imparare: non a dire con certezza cosa succederà, ma ad aggiornarsi costantemente, adattarsi, migliorare le sue ipotesi man mano che il mondo cambia.
Alla fine, forse le previsioni più interessanti non sono quelle che ci dicono esattamente cosa accadrà, ma quelle che ci aiutano a leggere meglio il presente, a prepararci, ad agire con maggiore consapevolezza. Come un moderno oracolo, l’AI non ci consegna il futuro: ci accompagna a immaginarlo.
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