Banche e PMI

di Canio trione
economista
A metà gennaio del 2019 la situazione delle banche in Italia è così descrivibile: a) la BCE ci dice che servono centinaia di miliardi per sistemare la questione NPL delle banche italiane; b) alcune banche del nord sono “risolte” producendo distruzioni di ricchezza enormi e diffuse tra la popolazione; c) due banche (Siena e Genova) ancora esistono grazie ad interventi pubblici; d) al Sud nessuna “risoluzione” di banche ma molto chiasso fomentato da quotidiani e media in genere a diretto danno degli azionisti; e) tassi di interesse praticati alla clientela molto più alti di quanto la BCE vorrebbe e di quanto servirebbe per rendere competitiva la nostra economia.
In Italia lo Stato ed il suo bilancio sono molto dilatati rispetto ad altre economie sia in maniera diretta che indiretta e comunque dalla spesa pubblica dipende più della metà del prodotto nazionale; quindi quando il Pil registra una riduzione significa che, stante che la spesa pubblica è molto anelastica e quindi rimane stabile, tutta la riduzione è data dalla parte non pubblica dell’economia. In caso di crisi inoltre si è portati ad aumentare la componente pubblica (reddito di cittadinanza o pensioni a gogo ad esempio). Al suo interno questa componente privata che è esposta ai rigori della concorrenza, ha delle porzioni molto rigide come l’energia (che non diminuisce molto) e quindi tutta la variazione negativa che si registra è data da quella parte dell’economia che è composta dalle Pmi, dalle professioni, e da tutto il mondo che ruota intorno ad esse. Cosa peraltro scolpita nelle statistiche ormai da anni. Se si pone mente al fatto che molte imprese apparentemente ancora in Italia sono andate via o hanno chiuso, si comprende come la parte viva dell’economia si è molto ridotta e quindi l’intero apparato creditizio nazionale si trova ad essere ipertrofico rispetto all’economia cui dovrebbe fare da partner; se poi si aggiunge il fatto che il livello dei consumi si è ridotto nonché quello dei tassi di interesse praticati… si capisce che molte banche devono chiudere… semplicemente perché non vi sono abbastanza clienti che possano pagare interessi e commissioni per mantenerle in vita; cosa che produrrà effetto domino devastante e privo di fine. Qualcuno dirà che si deve licenziare il personale ed è certamente anche questa una via per dimagrire il settore, ma non si può non vedere che si tratta di una resa di fronte ad un fenomeno -quello del dimagrimento della nostra economia- che andrebbe contrastato e non favorito.
Il sud in questo disastro totale ancora sopravvive. Le banche sono lì grazie alla loro dimensione minore, grazie alla parsimonia delle nostre genti, grazie alla prudenza dei nostri piccoli imprenditori, grazie alla abnegazione di molti addetti,… certo è che il nostro punto debole per il quale siamo sempre stati denigrati e cioè il nanismo aziendale e la forma cooperativa molto diffusa, ci sta difendendo dagli appetiti di molti squali.
Questo significa alcune cose: che i danni creati dalle idee di grandezza delle imprese del nord sono e saranno pagati da noi più che da loro; che le politiche mondialiste fatte con i fichi secchi dalla classe politica della seconda repubblica tutta a trazione ed ispirazione nordica sono una delle cause principali del disastro del nord; che la crisi delle banche continuerà per molto ancora; che se non si pongono in essere immediate misure anche le banche del sud crolleranno.
Che fare? Immediatamente allargare l’economia erogando danaro fresco a tassi competitivi alle imprese e famiglie che hanno dimostrato nel passato serietà e laboriosità, e questo perché solo allargando l’economia potranno allargarsi redditività e sostenibilità delle banche meridionali. In questo senso il personale che sarà sostituito dalle nuove tecnologie va impiegato per sviluppare l’attività creditizia e cercare nuovi clienti. La politica è chiamata a deburocratizzare (non basta rendere più efficiente o dannosa la burocrazia.. va eliminata) massicciamente le Pmi per stimolarne la redditività, la competitività, la crescita.
Si deve capire, in sintesi, che siamo ad un momento decisivo: siamo sul Piave! Lasciare ridurre ancora l’economia delle Pmi significa desertificare e lasciare libero il passo all’invasore, questa volta economico, che viene qui a prendere e non certo a lasciare.