di Rocco Lombardi

C’è chi si tatua il proprio nome in arabo, cinese, giapponese o cirillico.

C’è chi si tatua la data del proprio compleanno, dell’ultimo scudetto dell’Inter, dell’arrivo di CR7 alla Juve.

C’è chi si tatua un laconico “Mamma perdonami” o un “Disculpe per mi vida loca”.

C’è chi è un fan delle massime latine più o meno banali: “Carpe diem”, “Si vis pacem, para bellum”, “Omnia vincit amor” ecc.

Possono piacere, far innoridire, rendere beceramente scontati, affascinare o sedurre; non ritengo sia giusto giudicare la scelta di un tatuaggio.

Ognuno è padrone della propria vita, figurarsi della propria pelle.

Eppure, tra le tante culture avvezze all’uso dell’inchiostro nell’epidermide (maori, polinesiana, giapponese, cinese, thai ecc.), ne esiste una che si distingue per il peso e la solennità che attribuisce ai tatuaggi: quella siberiana.

scena del film”Educazione siberiana”, Gabriele Salvatores, 2013.

Con un’opera molto interessante (“Storie sulla pelle”, Enaudi, 2012, 225 pagine), ce la racconta Nicolai Lilin che, oltre ad aver esercitato la professione di tatuatore, è un profondo conoscitore della cultura criminale siberiana (traendone le radici della propria esistenza).

Leggendo i particolarissimi aneddoti legati alla pratica siberiana, qualsiasi altro tatuaggio rischia di divenire banale e, ponendo anche la minima attenzione sui significati iconografici della tradizione criminale, si capisce come si possa entrare in un dedalo di messaggi composti; il tutto ci fa vergognare tanto di quella farfallina tatuata sulla chiappetta o di quel teschio riportato sul polpaccio per aumentare la percezione del proprio livello di testosterone (tra l’altro la farfalla è simbolo di abuso di droga. Occhio agli “sgami inconsapevoli”).

Immagine presa dal sito di Panorama https://www.panorama.it/cultura/libri/nicolai-lilin-tatuaggi-educazione-siberiana/.

Eppure, per Lilin, i tatuaggi non si possono spiegare, sono un linguaggio muto che si compone di simboli e di scelte personali legate al messaggio che si vuole dare alla propria anima o all’esperienza che ci ha segnato maggiormente.

C’è sempre una componente di segreto che non deve essere svelata.

Allo stesso modo, ritiene che l’uso della tradizione siberiana sulla pelle dei giovani d’oggi sia impossibile, perché il mondo è cambiato e perché non è giusto proiettare una realtà tanto complessa in una società come la nostra. Spesso, inoltre, si utilizza un simbolo senza conoscerne a pieno il significato e si rischia di fare una brutta figura (rember il significato della farfalla).

In una intervista a “Repubblica” (http://www.repubblica.it/cultura/2017/07/27/news/nicolai_lilin_ora_vi_educhero_io_con_i_tatuaggi_siberiani_-171306178/) Nicolai spiega come molti calciatori si siano fatti marchiare (non per mano sua) con una tartaruga maori, ignorando come questa sia un simbolo di fertilità femminile, o che la lacrima è strettamente legata ai pianti scaturiti dal vendere la propria moglie per fame (tradizione marsigliese).

Nella tradizione criminale siberiana, nonostante l’impossibilità di “spiegare”un tatuaggio, ci sono simboli e frasi ricorrenti.

particolare di un disegno presente sul profilo instagram di Nicolai Lilin

E’ un esempio l’aforisma “picchia per primo”, utilizzato addirittura da Vladimir Putin durante un discorso, nel quale racconta di aver imparato per le strade di Sanpietroburgo come l’attacco sia la miglior difesa.

Inutile dire che anche il metodo di incisione è ben distante dalle tecnologie moderne; un vero  kol’sik (tatuatore siberiano custode della tradizione) utilizza solo delle bacchette che provocano un dolore immane che, tuttavia, non potrà mai essere immane come lo scoprire che un tatuatore thailandese ci abbia scritto sulla schiena “involtini primavera” al posto del nostro nome (storie di vita verahttps://www.leggo.it/esteri/news/tatuaggi_thailandesi_truffa_frasi_scritte_pelle_17_settembre_2018-3978899.html ).

 

 

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