Parte della piattaforma vista dal'alto, il 18 giugno (Michael Kappeler/picture-alliance/dpa/AP Images)

 

di Enzo Varricchio

 

«L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura»
(Wendell Berry)

Arte del territorio o territorio artisticizzato?
Questa è la prima domanda che occorre porsi a mio avviso quando ci si trova dinanzi a una delle opere di cosiddetta Land art, la stessa che ci si dovrebbe porre dinanzi all’opera di un archistar come Renzo Piano, Frank Gehry o Norman Foster che cambia il volto di una città.
Di fronte alle megainstallazioni di Christo o di Richard Long occorre chiedersi insomma se è il paesaggio che influenza l’arte o è l’arte che influenza il paesaggio. Nel primo caso l’operazione è rispettosa dell’ambiente e delle finalità che dovrebbero ispirare gli Earth Workers, cioè conservarlo e tutelarlo; nel secondo, l’artista forza la natura e il contesto paesaggistico, imponendogli una sua visione, che può sì fungere da attrattore culturale e turistico ma finisce per condizionare, snaturandolo, proprio l’ambiente che egli si proponeva in teoria di riscoprire e tutelare.
E’ il caso, ad esempio, della cittadella delle scienze di Valencia, colossale opera di Santiago Calatrava per cui si è addirittura deviato il corso del fiume, oppure di Robert Smithson che nel 1970 creò Spiral Jetty, una spirale di terra nel Great Salt Lake nello Utah; per non parlare dei Floating Piers di Christo sul Lago d’Iseo (2014-2016) , in cui il lago viene reinventato: centomila metri quadrati di un tessuto giallo scintillante, che prende le tonalità arancioni del tramonto quando è bagnato dalle acque del lago, avvolgono un sistema modulare galleggiante di duecentoventimila cubi di polietilene ad alta densità, e dondolano al movimento delle onde, permettendo di “camminare sulle acque” del lago stesso.

 

Robert Smithson, Spiral Jetty, 1970, Great Salt Lake, Utah

Gli artisti recuperano il legame con la natura però lasciando un marchio, talora indelebile, del loro passaggio. Il paesaggio diventa un mezzo e non un fine dell’arte. Il contrario dei presupposti di partenza.

Tutto ebbe inizio con Earth Works, la mostra organizzata da Robert Smithson nel 1968 presso la Dwan Gallery di New York, ispirata ad un romanzo di fantascienza di Brian W. Aldiss, Il termine Land Art fu coniato l’anno successivo da Gerry Schumdel, con l’omonimo film documenta gli interventi dei primi land artists Michael Heizer, Walter De Maria, Robert Smithson, Richard Long, Dennis Oppenheim, Barry Flanagan e Marinus Boezem.
La Land art nasce dalle Avanguardie, è un’arte concettuale e filosofica che impiega i materiali trovati nei luoghi per creare nuove forme (come nel caso delle spirali, dei cerchi e delle linee di Richard Long), oppure introduce nuovi materiali nell’ambiente originario per dotarlo di un significato ulteriore rispetto a quello contemplativo (vedi l’opera Lightning Field di Walter De Maria datata 1977 e costituita da 400 aste d’acciaio conficcate nel suolo come parafulmini).
Alla base del lavoro degli artisti ambientali si avverte la protesta postsessantottina contro lo snaturamento del paesaggio dovuto al consumismo capitalistico e alla corsa tecnologica, il bisogno di uscire dagli spazi tradizionali della galleria o del museo per portare l’arte nei territori, la spinta iconoclasta alla cancellazione dell’idea di quadro, scultura, oggetto d’arte tradizionali, tanto che gli stessi fenomeni naturali possono costituire degli eventi artistici.

L’artista tedesco Joseph Beuys fu un pioniere dell’odierna battaglia contro la deforestazione piantando 7.000 querce a Documenta di Kassel. Il ricavato della vendita di ogni albero e delle stele di basalto servì negli anni successivi a piantare altre querce.  Beuys riuscì a trasformare un’azione sottovalutata come il piantare alberi in un grande rito collettivo capace di evocare i significati più profondi del rapporto fra l’uomo e la natura.

Tuttavia, dalla iniziale spinta rivoluzionaria di matrice no global e anticapitalistica si è passati alla spettacolarizzazione tipica dello star system. Le installazioni di Land art costano tanti danari e comportano un notevole dispiegamento di mezzi inquinanti.
La rivoluzione ecologista auspicata dagli artisti ambientali si è tramutata in un paradosso.

 

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https://www.scriptamoment.it/?s=enzo+varricchio

PH: The Floating Piers (Project for Lake Iseo, Italy) 2014-2016© Christo, photography by Wolfgang Volz

Parte della piattaforma vista dal’alto, il 18 giugno 2016 (Michael Kappeler/picture-alliance/dpa/AP Images)

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