Fig. 1 – La fortezza angioina (XIII secolo) – Vista dall’alto – Archivio fotografico DISTUM dell’Università degli Studi di Foggia (foto. A.V. Romano) in https://journals.openedition.org/mefrm/3866

 

 

di Martina Fabbiano, Nicole Giaconella, Mirko Paternostro

immagini a cura di Giuseppe Ametta.

studenti P.O.N. Torremaggiore coordinati dalle prof.sse Samanta Macchiarola  e Carmen Tusino

 

Pare che Lucera, città dauna di fondazione antichissima, colonia latina dal 314 a. C. e, in seguito, municipium e colonia romana, in epoca medievale, sotto gli svevi, abbia raggiunto un grande splendore, costituendo uno dei centri più importanti e suggestivi della Capitanata.

Nota per le sue imponenti costruzioni, tra le quali bisogna annoverare la fortezza sveva-angioina, possiede ancora oggi un ben conservato centro storico.

Alla vista dei numerosi visitatori il castello stupisce per la sua imponente struttura lasciando, poi, a detta di alcuni, gli stessi altrettanto stupiti quando, entrandovi, si accorgono che di quel lontano passato si conservano i soli resti dell’antico palatium oltre la cinta poligonale costellata da ben venti torri.

Era l’anno 1233 quando Federico II fece costruire il palatium della colonia saracena, arricchito da splendide statue e ricchi ornamenti.

Si trattava di una struttura a torre con pianta quadrangolare e base troncopiramidale che si sviluppava soprattutto in altezza su ben tre piani: il cortile centrale, quadrangolare, mutava , nel piano superiore, in forma ottagonale.

Esso mancava di un’entrata: vi si accedeva solo tramite scale retrattili e passaggi sotterranei per garantire una maggiore sicurezza e rendere più difficili gli accessi dall’esterno.

Il palatium federiciano conciliava le caratteristiche della cultura normanna con quelle della cultura islamica da cui il sovrano fu sempre affascinato e con cui non disdegnò alcuna possibilità di fusione.

Nel corso del 1240, per arricchire maggiormente la sua residenza, Federico II fece portare a Lucera numerose statue di pietra dalla città di Napoli, a dorso di schiavi.

Oggi le sue rovine (lo zoccolo perimetrale e il basamento del nucleo centrale) non sono sufficienti per ricostruire perfettamente quella che doveva essere l’immagine dell’antico edificio, a cui è possibile risalire attraverso alcuni documenti settecenteschi come i disegni realizzati dal pittore e architetto francese Jean Desprez nel 1778 e attraverso una tavola ottocentesca “degli archi e colonnati che esistevano nel Palazzo Regio” di Gianbattista D’Amelj.

Questi documenti confermano la presenza di numerosi abbellimenti e soluzioni decorative che alleggerivano la pesante massa muraria esterna ed interna.

La figura di Federico II fu di vitale importanza per la città lucerina; a sostegno di ciò, Giovanni Villani, storico e cronista italiano del ’300, descriveva Lucera come “un’antica città deserta” tanto che Federico II l’avrebbe trovata “vuota di abitanti” e, in seguito, popolata con la deportazione di circa 20000 sudditi musulmani rimasti in Sicilia e trasformati, grazie all’ atteggiamento tollerante del sovrano, in fedeli alleati.

Il borgo si sviluppò nei pressi del castello e, successivamente all’arrivo di questa popolazione, le chiese furono sostituite da numerosissime moschee. Lucera divenne sede di una zecca imperiale e fu nota per la sua intensa attività artigianale nonché per la sua fervente vita culturale.

Secondo lo storico, studioso di logica e giudice siriano Ibn Wasil, proprio nella Luceria Saracenorum, Lugêrah in arabo, Federico o forse suo figlio Manfredi aveva avviato “la costruzione di un istituto scientifico perché vi fossero coltivati tutti i rami delle scienze speculative”.

Un progetto veramente degno dello STUPOR MUNDI!

 

PH credits

Fig. 1 – La fortezza angioina (XIII secolo) – Vista dall’alto –
Archivio fotografico DISTUM dell’Università degli Studi di Foggia (foto. A.V. Romano)
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https://journals.openedition.org/mefrm/3866

 

 

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