Rio delle Amazzoni - Iquitos - Perù ph credits - Anna Spero

 

 

di Anna Spero

 

“Tu mi hai insegnato a vivere
insegnami a partir”

Così cantava uno dei più grandi cantautori e poeti dei nostri tempi.

Spesso ho ripetuto questi versi nella mia testa e spesso sono andata via, per periodi brevi o un po’ meno brevi, eppure in questi anni di treni, aerei, abbracci spezzati, sorrisi e lacrime ho compreso che il vero coraggio non è partire.

Il vero coraggio è scegliere di tornare.

Tornare a quelle che un tempo avevamo considerato le nostre abitudini e i nostri luoghi.
Il baretto sotto casa a cui siamo tanto affezionati, la famiglia, gli amici di sempre. Insomma tutti quei dettagli di cui avevamo tanto sentito la mancanza e che ci avevano procurato quella sensazione di attanagliamento allo stomaco nelle notti insonni di nostalgia quando, lontani a migliaia di chilometri, scorrendo le foto sui social o ricevendo qualche messaggio, ci eravamo sentiti terribilmente soli.

Eppure quell’entusiasmo del ritorno ha vita breve.

Le nostre aspettative nella maggior parte dei casi vengono deluse dalla fattualità delle circostanze concrete e realizziamo quasi subito che, mentre noi siamo cambiati e abbiamo conosciuto realtà nuove e punti di vista differenti,  ciò che abbiamo lasciato nelle nostre città natali è rimasto immutato.

Certo con questo non voglio generalizzare, siamo tutti diversi e ciascuno di noi ha una reazione variabile. Molti potrebbero anche trovare confortante il senso di stasi che si prova nel ritrovare tutte, ma proprio tutte le certezze che avevano lasciato, stantie e immobili nelle solite roccaforti.

Tuttavia la mia più grande comprensione va a tutti quelli che, una volta tornati, si sentono ancora più estranei e smarriti di quanto non lo fossero prima di partire e che realizzano di essere soli pur essendo circondati da tutti gli elementi che in passato avevano arredato perfettamente la comfort zone nella quale si erano sentiti realizzati e al sicuro.

Ma perché si innescano questi meccanismi? Qual è la vera origine di tutto questo scombussolamento emozionale e relazionale che ci trascina in un vortice di insoddisfazione?
A questi quesiti non è possibile dare una risposta assoluta e univoca, ma ci si può comunque provare.

Quando ci si allontana dai luoghi e dagli affetti nei quali si è cresciuti, se si è abbastanza sensibili da avere la capacità di ampliare le proprie vedute e aprirsi a nuovi orizzonti, ci si ritrova inevitabilmente ad assorbire tutto quanto di nuovo entri in contatto con noi e questo può solo portare ad una messa in discussione di noi stessi e della vita che abbiamo sempre condotto, o quanto meno può guidarci a porci degli interrogativi che fino a quel momento non avevano avuto modo di emergere.
Chi vogliamo essere davvero? Quali obiettivi stiamo perseguendo? Da quali valori sono mosse le nostre azioni? Dove e come vediamo il nostro futuro? Quali tipi di persone vogliamo nella nostra vita? Quanto i nostri comportamenti sono coerenti con ciò in cui crediamo?

Non escludo che analisi e dubbi di questo tipo possano ugualmente farsi spazio tra i pensieri di un individuo, pur senza essersi mai spostato dal luogo in cui è nato. Credo anzi che questo viaggio interiore riguardo le persone che vogliamo diventare sia uno step obbligato nell’esistenza di tutti noi, soprattutto per chi, come me, si ritrova ad essere quasi trentenne in un periodo storico e politico di incertezze e precarietà lavorative e spirituali.

Penso tuttavia che un viaggio fisico e un allontanamento da quello che conosciamo e da quelli che ci conoscono, possa certamente essere una buona miccia per innescare un fuoco che aspetta di bruciare. Vivere fuori dagli schemi e dai percorsi che la società in cui siamo vissuti ci hanno sempre imposto, esplorare altri modelli di vita e diversi valori, o anche solo sentirsi liberi di agire al di fuori dalle sovrastrutture e luoghi comuni legati all’idea che gli altri hanno di noi e che ci siamo costruiti, per forza o per casualità, sono tutte esperienze che non possono non cambiarci.

Per questo tornare è difficile.
Ricominciare e ritrovare un proprio equilibrio, senza farsi sopraffare nuovamente dalle vecchie abitudini, richiede forza e determinazione. Reinventarsi per assecondare i nostri mutamenti senza che questi vengano violentati dall’aggressività di chi dice che il nostro nuovo punto di vista non ha attinenza alla realtà, solo perché a lui sconosciuto, è un atto di temerarietà e resistenza.

Quindi non lasciatevi annichilire dalle illusorie certezze o dalla noia della vita quotidiana. Non lasciatevi vincere dalla superficialità delle facili risposte e soluzioni.
Viaggiate dentro voi stessi, disfate i pezzi del puzzle e divertitevi a ricomporne il disegno senza smettere mai di porvi degli interrogativi e  fatelo con tutta la curiosità, gentilezza e sensibilità che ancora ci fa restare umani.

 

 

 

 

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