di Riccardo Palamà

Dunque,

“Imparar puoi tante cose dai fiori, che di grazia sempre ricchi son”

(Alice nel paese delle meraviglie, 1951)

Il Giglio, l’Iris e la Margherita ne sono convinte, tant’è che intonano a una minuscola Alice, capitata per caso nel prato, un simpatico motivetto; le parole sopra citate ne formano il ritornello, che viene utilizzato per ‘accoglierela’ nel loro ambiente. Tuttavia, è un’accoglienza solo di facciata: Alice è diversa da loro, non ha gli steli e i suoi petali non sono altro che le stoffe della sua gonna. Prima di essere scacciata dalla loro cricca, un tenero bocciolo tenta di esprimersi, ma viene zittito immediatamente dalla Rosa, dalla grande personalità ma soprattutto dalla grande corolla. Perché più la corolla è vistosa e più c’è possibilità di essere notati.

Un po’ come accade per la maggior parte delle locandine esposte fuori dai cinema, ricche di nomi altisonanti e blasonati, di artisti dallo straordinario talento e dalla decennale carriera, che spesso, forse anche troppo, prestano – o forse vendono – il proprio estro a produzioni discutibili, oscurando in questo modo altri ottimi prodotti, magari frutto del lavoro di freschi cineasti o che hanno come protagonisti dei giovani attori ancora “in erba”- ed è proprio questo il caso di dirlo.

Fortunatamente, in controtendenza a quanto appena detto, il 2018 è stato un anno veramente prolifico per i boccioli del mondo del cinema, sia internazionale ma anche italiano; l’iniezione di fiducia, arrivata anche da grandi major e non solo dalle produzioni indipendenti, ha permesso ai loro talenti di sbocciare del tutto.
Primi tra tutti, Timothée Chalamet e Saoirse Ronan hanno invaso con la loro spontaneità le cerimonie dei maggiori premi del settore, hanno concesso interviste persino ai portieri degli hotel che li ospitavano e non hanno mai mancato di rendere omaggio a tutti coloro che li hanno sostenuti, siano essi familiari o colleghi.

 

Chalamet e Ronan sul palco dei Santa Barbara Awards 2018

Timothée Chalamet, classe 1995, è stata la rivelazione dall’anno grazie all’interpretazione di Elio Perlman in Chiamami col tuo nome (L. Guadagnino, 2017). L’attore, di origini francesi, ha dato prova di una straordinaria versatilità partecipando a diverse produzioni ed esprimendo in maniera chiara la profondità di ogni suo personaggio, con ruoli che spaziano dall’adolescente alla scoperta di se stesso al tossicodipendente in conflitto con il padre. Grazie alla sua personalità, ogni film in cui compare viene impreziosito da un tocco personale, spesso racchiuso nelle mini improvvisazioni che spesso si diverte a realizzare sul set e che trovano il benestare dei registi.

Diversi esempi li possiamo trovare in Lady Bird (G. Gerwig, 2017), in cui collabora con la collega e amica Saoirse Ronan, che grazie a questo film ha avuto al consacrazione definitiva. Nonostante i 24 anni di età la giovane attrice può vantare una carriera decennale, costellata da svariate candidature a diversi premi (si ricordi una nomination agli oscar a soli 14 anni per Espiazione, 2007) e collaborazioni con i più importanti registi del panorama mondiale, tra cui Peter Jackson in Amabili resti (2009) o Wes Anderson nel più recente Grand Budapest Hotel (2015). Dotata anche lei di una certa versatilità, sono i ruoli drammatici quelli in cui risulta più a fuoco. In Brooklyn (J. Crawley, 2015), spicca un’intrinseca delicatezza nell’impersonare una giovane ragazza appena trasferita nella grande città; la stessa delicatezza la ritroviamo in Lady Bird, per l’appunto, unita ad una sana esuberanza adolescenziale, tipica del suo personaggio. La sua interpretazione attiva e dinamica ha inoltre permesso di superare alcuni scivoloni direttivi, dettati dall’inesperienza della regista, e grazie ai quali la Ronan ha dato prova di rispondere egregiamente a qualsiasi tipo di stimolo, sia esso positivo che negativo.

Matilda de Angelis in “Una vita spericolata”

Anche il ‘bel paese’ negli ultimi tempi si difende bene.

Nonostante la grave crisi che da anni investe il cinema italiano, diverse sono le gemme che si schiudono in mezzo a troppa “nobile vulgaris: in parole povere…erbaccia!” (citazione dell’Iris, sempre da Alice nel paese delle meraviglie).
Il 1995 sembra essere un anno d’oro, infatti Matilda De Angelis e Andrea Carpenzano, oltre ad essere notevoli, sono coetanei.

L’attrice bolognese ha iniziato la sua carriera quasi per caso, partecipando al provino per il ruolo femminile di “Veloce come il vento” (M. Rovere, 2016), ricevendo il plauso della critica e comparendo successivamente in altre quattro produzioni, tra cui il recente “Una vita spericolata” (M. Ponti, 2018) in cui ha saputo reggere benissimo un ruolo tragicomico non facile, data la poca esperienza. Anche se ancora un po’ acerba, ha tutto il tempo per poter maturare a dovere ricercando, oltre che una consapevolezza personale, anche e soprattutto una propria identità.

Andrea Carpenzano ne “La terra dell’abbastanza”

 

E se parliamo di identità, su Andrea Carpenzano non ci sono dubbi: la sua “romanità” pervade entrambi i lavori cinematografici a cui ha preso parte. Lui stesso non ama definirsi attore e infatti lo si può definire caratterista.

Un po’ come Carlo Verdone o Sabrina Ferilli che in tutti i loro film hanno una forte connotazione territoriale, dettata da accento e modi di fare.

Ciò che lo contraddistingue è una straordinaria spontaneità che ritroviamo, oltre che nelle interpretazioni di alcune scene, anche nelle espressioni facciali che sono sempre azzeccate e sempre nel momento giusto.

Il lavori a cui ha preso parte sono quanto di più diverso ci sia: “Tutto quello che vuoi” (F. Bruni, 2017) è una commedia mentre “La terra dell’abbastanza” (Fratelli D’innocenzo, 2018, anche loro giovani cineasti in ascesa) è un dramma su adolescenza e criminalità – si voglia perdonare la sintesi fin troppo riduttiva; Carpenzano ha dato prova di mantenere una coerenza del personaggio sia nel ruolo comico, più leggero, che nel ruolo drammatico, sicuramente più intenso, dando prova di essere un artista a tutto tondo.

Le possibilità di crescita ci sono, il tempo di maturare c’è, e con le giuste scelte potrebbe diventare uno degli interpreti più brillanti del nostro cinema.

Questi ragazzi danno speranza!

Speranza di ritrovare un cinema più puro, speranza di ritornare a raccontare le persone, speranza di proporre nuove storie, speranza che gli unici effetti speciali di un film siano le emozioni, speranza di riscoprire quella verità che ormai nelle sale scarseggia da tempo.

Citando per l’ultima volta l’ingenuità di Alice, sarebbe bello

“se sapessi che…quel mondo delle meraviglie c’è!”

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