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di Ruber Papaver

 

La poesia è il salvagente
cui mi aggrappo
quando tutto sembra svanire.
Quando il mio cuore gronda
per lo strazio delle parole che
feriscono, dei silenzi che trascinano
verso il precipizio.
Quando sono diventato così
impenetrabile
che neanche l’aria
riesce a passare.

Kahil Gibran

 

Quando si parla di poesia, spesso ci viene in mente un tema ricorrente come quello dell’amore.

E’ facile raccogliere consensi, trattando un argomento così comune quanto banalizzato.

La morte, invece, è un argomento quasi taboo, che spesso spaventa, perché comunemente viene associata alla fine di un ciclo, mentre in oriente l’approccio alla morte è ben diverso.

Nel costume e nell’idea comune, uno dei tratti basilari che distingue gli orientali dagli occidentali, nella rappresentazione della morte, è il pensiero della reincarnazione, vitale in alcune delle religioni più osservate in Oriente. Ci siamo mai chiesti come i poeti orientali sostengono l’argomento, lo esprimono o lo interiorizzano?

Abbiamo trovato istruttivo e interessante il punto di vista di alcuni di loro; a tratti, il pensiero è così tanto profondo che legare la poesia alla sola definizione del significato stesso, relegandola a delle regole, fa perdere la bellezza e l’essenza stessa della poesia.

Con delle poesie e delle frasi che analizzeremo insieme, possiamo osservare come a seconda del costume e del vissuto di ciascun autore, ognuno ha trovato il modo di accettare l’esperienza della morte come “processo inevitabile” e con positività:

La vita è dentro la morte, la morte è dentro la vita; dovete essere qui, e adesso! Morihei Ueshiba

Per l’autore, la morte non è vissuta come il dramma dell’attaccamento che si vive quando chi amiamo ci lascia, ma un insegnamento che ci deve aprire cuore, mente e spirito, un momento che ci ricorda che la morte è inevitabile, che deve darci la spinta di vivere, ma vivere davvero.

E’ fortissimo il messaggio “vita” e “morte” come “rinascita” e “viaggio”.

Il viaggio, in questo modo di vedere le cose, non si ferma qui. Infatti, il poeta, in un suo breve pensiero, ci lancia un messaggio meraviglioso, oserei dire di speranza.

Anche se non hanno voce, i morti vivono. Non esiste la morte di un individuo. La morte è una cosa universale. Anche dopo morti dobbiamo sempre rimanere desti, dobbiamo giorno per giorno prendere le nostre decisioni. Shôhei Ôoka

La morte è vista come trasformazione, i nostri cari assumo forme diverse, ma l’anima è eterna, pertanto mantiene la sua coscienza e la comprensione del mondo conseguita nelle diverse vite e, cosa importante, deve portare a termine la sua intenzione attraverso le diverse consapevolezze, con il fine ultimo di concludere il viaggio.

Nel concetto descritto successivamente, si va oltre il concetto di morte: si vuole condividere un messaggio più intenso che prelude ad una sorta d’immortalità:

“Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radice in altri.” (Lev Tolstoj)

Osserviamo sempre  l’immagine della trasformazione, un modo di affrontare la morte con serenità. Tolstoj cerca un conforto, accetta il concetto di “morte” a patto di lasciare qualcosa di sé nel cuore della gente.

Diverso quest’ultimo pensiero: si tratta più di un rimprovero ma con un messaggio positivo alla fine.

« A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante di poter non morire, del poter far tornare indietro la vita. Allora, quale infinità! Si potrebbe trasformare ogni minuto in un secolo intero… » (Dostoevskij Fedor)

Qui l’autore disprezza il rimpianto di una vita non vissuta e sprecata, cerca di dare sollievo a chi legge, spiegando che il senso del viaggio può avere il significato di anni sprecati in una manciata di tempo.

In conclusione, la morte va vissuta con occhio lungimirante: il passaggio che tanto ci spaventa è essenziale e il vero scopo è quello di trarre il meglio dai giorni vissuti. In caso contrario ci verrà data un’altra opportunità.

Aggiungo una piccola considerazione personale: non sempre la poesia è relegabile in schemi definiti; essa racchiude sempre un significato che va oltre le parole.

 

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