Di Sandro Soglia

Una voce, una chitarra e le sette note.
Donna dalla voce delicata ma piena di potenza, Tracy Chapman compone un album talmente luminoso da dimostrarci che il pop poteva ancora emozionare e conquistare.
Undici canzoni di pura poesia che raccontano delle battaglie della sua vita, sia socio-politiche contro la povertà e la segregazione razziale e sia in relazione ai disordini familiari e all’amore che cambia l’esistenza.
Tracy Chapman è probabilmente la cantautrice nera folk più importante dagli anni Ottanta in poi, ma colpisce anche quel suo atteggiamento sempre umile e schivo.
Impressionante è come un’artista poco più che ventenne potesse risultare dotata dell’autorità morale del miglior Dylan e della limpida lezione di vita della Mitchell, con quella capacità di dar vita ad un folk “confessionale” che li accomuna.
Il suo divenne un vero e proprio caso, perché Tracy, lontanissima dagli stereotipi di Mtv, scelse una strada del tutto personale, affrontando lucidamente i problemi tipici dell’America nera di periferia – come disoccupazione e difficoltà ad avere il necessario per vivere – non con interpretazioni aggressive e rabbiose ma incantando per la gentilezza e la delicatezza delle esecuzioni.
Un disco magico, divenuto da subito un classico…

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