di Luigi Triggiani

segretario generale Unioncamere Puglia

Le icone femminili albanesi non sono molte ma forse sono più potenti e rappresentative di altre. Tra queste, la moglie dell’eroe nazionale Giorgio Kastriota “Skanderbeg”, Donika, e Madre Teresa; ma la figura della Burneisha, la Vergine Giurata, è un caso di studio antropologico e sociologico, un modello difficilmente riscontrabile in altre culture popolari.
Nella società tradizionale albanese chiamare una donna “Burrneshë” (in albanese da burrë, cioè uomo e neshë, un suffisso femminilizzante) è espressione di grande stima, qualcosa di quasi eroico. Nelle zone montuose dell’Albania settentrionale e in Kosovo ancora oggi esistono alcune anziane Burneish, le vergini giurate, un residuo di antichi fenomeni che si sono concretizza nella metamorfosi delle donne in uomini per un mero obiettivo sociale, un cambiamento mosso da ragioni tutt’altro che psico-sessuali.
Si tratta di un fenomeno antico, disciplinato dal diritto tradizionale e soprattutto dal maggiore dei codici giunti fino ad oggi, il Kanun (il codice), attribuito nel XV secolo al condottiero Lekë Dukagjini, che lo avrebbe codificato dopo secoli di trasposizione orale. Nel Kanun si riconosce alla donna il diritto di proclamarsi uomo, di comportarsi come un uomo e di acquisire tutti i privilegi che questa legge della tradizione riserva esclusivamente agli uomini, in un contesto in cui la donna ha minime capacità decisionali e pochissimi diritti. La conversione fa acquisire alla donna uno status sociale pari a quello dell’uomo.
La conversione avveniva, con un giuramento e alla presenza di 12 uomini, quasi sempre al sopraggiungere della maturità sessuale; si esige la totale astensione dalla vita sessuale, motivo per cui queste donne vengono anche conosciute come le Vergini Giurate (Virgjinat e bitume). Da quel momento la Vergine Giurata si veste da uomo e assume un comportamento maschile, prende un nome da uomo, si arma, può fumare, bere e mangiare con gli uomini nella stanza dove alle donne non è permesso restare. Acquisisce così il diritto di vendere, comprare e gestire proprietà – tutti diritti negati alle donne – e può partecipare alla vendetta tra i clan, di pari diritti agli altri uomini.
Secondo l’osservatorio Balcani e Caucaso, la conversione delle donne in uomini aveva soprattutto una funzione socio-economica. Si usava infatti far convertire una figlia se non si avevano figli maschi per poter far ereditare le proprietà della famiglia, poiché questo in linea femminile (linja e tamblit) non era possibile. Era, questo, in alcuni casi, anche un ottimo mezzo per evitare lo scaturire di nuove vendette: se una ragazza rifiutava il fidanzamento che le era stato prescelto, l’orgoglio ferito dell’uomo rifiutato faceva scaturire la vendetta tra i due clan. Se invece la donna giurava astensione dalla vita sessuale e rinunciava alla propria femminilità, l’obbligo di vendetta si annullava.

Da leggere: L. Triggiani, “Albania Lato B”, Cacucci, Bari, 2005

PH: manifesto del film “Vergine giurata” di Laura Bispuri

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